Mercoledì 30 settembre 2020 è stato presentato il “Rapporto nazionale sull’uso dei farmaci in gravidanza”, realizzato dall’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (Osmed) dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) con la finalità di «monitorare la prescrizione dei farmaci erogati a carico del Servizio sanitario nazionale nelle donne in gravidanza residenti in Italia». A darne notizia è lo stesso ente governativo per la sicurezza dei farmaci, il quale fa sapere che «si tratta di uno studio di popolazione multi-database che analizza, attraverso i flussi informativi sanitari regionali, la prescrizione di farmaci erogati a carico del Servizio sanitario nazionale nei mesi prima, durante e dopo la gravidanza in Italia».

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I farmaci più prescritti in gravidanza

Secondo quanto emerge dall’analisi dei dati «i farmaci più prescritti in gravidanza – evidenzia l’Aifa – rientrano nella categoria terapeutica del sangue e degli organi emopoietici (47,9%, con un picco di prevalenza nel primo trimestre). Seguono gli antimicrobici per uso sistemico (33,2%), i farmaci del sistema genito-urinario e ormoni sessuali (20,8%), i farmaci attivi sul sistema gastrointestinale e metabolismo (12,1%) e i preparati ormonali sintetici, esclusi ormoni sessuali (11,2%)». Quanto ai principi attivi, l’Aifa sottolinea che quelli più usati in gravidanza «sono l’acido folico (34,6%), il progesterone (19%), il solfato ferroso (18,8%) e l’amoxicillina/acido clavulanico (11,5%); i primi due con un utilizzo più concentrato nel primo trimestre, che decresce significativamente nel secondo e nel terzo, il solfato ferroso soprattutto nel terzo trimestre e l’amoxicillina/acido clavulanico stabile nel corso della gravidanza».

Appropriatezza prescrittiva in gravidanza

Una panoramica va all’appropriatezza prescrittiva, secondo cui l’Aifa mette in luce che «i farmaci a maggior rischio di inappropriatezza prescrittiva sono i progestinici per la prevenzione dell’aborto spontaneo e gli antibiotici, quest’ultima in parte determinata dalla profilassi antibiotica per l’accesso alla diagnosi prenatale invasiva, pur in assenza di raccomandazioni condivise che la sostengano». Inoltre «il trend prescrittivo dell’acido folico, seppur con una verosimile sottostima del consumo reale per la disponibilità di prodotti acquistabili anche senza prescrizione medica, non sembra in linea con le raccomandazioni nazionali e internazionali. Queste – puntualizza l’Aifa – sostengono la supplementazione quotidiana con acido folico nelle donne che programmano la gravidanza o non ne escludono la possibilità fin da prima del concepimento, per la prevenzione primaria dei difetti del tubo neurale».

Il rapporto integrale

Si rimanda alla lettura integrale del rapporto alla pagina ufficiale Aifa.

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