Da alcune settimane diverse Regioni d’Italia hanno autorizzato le farmacie territoriali per consentire, al loro interno, l’esecuzione di test sierologici e tamponi rapidi per la ricerca di Covid-19. È il caso del Trentino-Alto Adige, seguito da Emilia-Romagna e Lazio, con altre Regioni in dirittura d’arrivo. Sono tuttavia diverse le iniziative portate a termine in varie altre aree del Paese che non vedono l’esecuzione dei test veloci nelle farmacie ma che comunque contribuiscono alla promozione della prevenzione e diffusione dei contagi da Covid-19. In questa direzione un’attività promossa dal Comune di Novara, con il coinvolgimento della autorità locali e il contributo di Federfarma Novara. FarmaciaVirtuale.it ha intervistato Enrico Luoni, dirigente dell’associazione territoriale, il quale ha dettagliato i diversi aspetti di un’operazione che coinvolge più della metà delle 120 farmacie dislocate a Novara e provincia, con la finalità di arginare e contenere la diffusione del Covid-19.

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In cosa consiste il progetto?

«Consentiamo, a coloro che ritengono necessario, di praticare un tampone rapido presso un’area dedicata, allestita con la collaborazione del Comune di Novara, presso il Palazzetto del Terdoppio, in cui è attivo un servizio dove infermieri professionisti, con la presenza fissa di un medico, consentono in precise fasce orarie, per tre giorni a settimana, di effettuare un tampone rapido anti-covid. Con questo servizio, dopo poche ore, la persona può avere il risultato in mano».

Quale è il ruolo delle farmacie?

«Hanno già aderito 70 delle 120 farmacie afferenti alla nostra organizzazione. In qualsiasi momento della giornata, i farmacisti si rendono disponibili per prenotare il tampone rapido, occupandosi anche della parte burocratica che consiste nell’inserimento dei dati dell’utente, in una breve anamnesi riferita alle condizioni di salute, alla prenotazione della fascia oraria e del giorno del test, e al pagamento della prestazione. Ciò per ridurre al minimo l’impatto burocratico sul luogo del prelievo e consentire il rapido svolgimento del tampone».

Chi paga il servizio?

«Il tampone è pagato dal paziente al farmacista. La quota poi viene ripartita tra i vari operatori, tra cui una parte spettante alla farmacia. L’importo che versa l’assistito è composto dalla remunerazione per la farmacia e per la restante parte del sistema, tra cui la piattaforma informatica, l’infermiere, il medico che ha lo scopo di valutare e validare il risultato con timbro e firma sul documento che viene rilasciato all’utente. C’è poi il costo del tampone stesso, del materiale usa e getta, dei Dispositivi di protezione individuale che devono essere indossati, dei consumabili dei computer presenti sul posto. Ci sono tutta una serie di elementi che gravano sul costo, tra cui la remunerazione dell’attività professionale del farmacista che opera con la sua impresa. Ci siamo collocati con un costo al di sotto di quello di mercato, pur sapendo che molte persone sarebbero state disposte a spendere di più. Nonostante ciò abbiamo fatto il possibile per ridurre al minimo i costi».

Cosa deve fare il farmacista?

«Con la nostra iniziativa riduciamo al minimo tutte le tempistiche cercando di eseguire la parte burocratica all’interno della farmacia. Ciò per evitare eventuali code nell’area del prelievo. Se per caso c’è un intoppo burocratico, ci sono troppe lungaggini, allora si crea assembramento. Il farmacista deve prendere nota della persona i cui dati vengono caricati su una piattaforma. Utilizziamo il prodotto PharmaTime, sviluppato da Fulcri e proposto da CGM, una sorta di calendario che viene condiviso con tutte le farmacie registrate. Ciò in aggiunta a un’altra piattaforma di Federfarma Piemonte, le cui caratteristiche consentono – a tampone effettuato – di inserire anche i dati dei soggetti positivi e negativi. In sintesi, lavoriamo con due piattaforme, PharmaTime, per la prenotazione dei tamponi, e quella in parallelo che ci permette di segnalare l’eventuale positività dell’utente. La positività viene comunicata alla farmacia e poi il farmacista a sua volta carica sulla piattaforma».

Quale è l’impatto sul territorio?

«I medici di base sono soddisfatti di ciò che stiamo facendo. In alcuni casi sono loro stessi che indirizzano i pazienti all’uso del servizio. Si tratta di persone che non possono prendere in carico perché non c’è né una sintomatologia, né una relazione stretta di parentela con qualche positivo. In questi casi, i medici non hanno la giustificazione per caricarli in piattaforma e far eseguire un tampone molecolare a queste persone. Questa zona borderline da qualcuno deve essere assolta, per la sicurezza del paziente ma anche per la sicurezza del medico stesso».

Quali sono gli effetti di questa iniziativa?

«Il 10% dei tamponi lo rileviamo positivo. Sono persone che senza il nostro intervento sarebbero state libere di andare in giro a contagiare, senza alcuna nessuna restrizione. Questo è il vantaggio e la vittoria in assoluto maggiore. Le persone eventualmente positive hanno la consapevolezza che possono essere contagiose e si auto-isolano. Uno su 10 sono contagi ancora non sintomatici, ma che sarebbero diventati sintomatici o gravi o che avrebbero dovuto ricorrere a terapie intensive e da li l’intasamento degli ospedali. È evidente che ci troviamo di fronte a un’operazione che consente di avere un impatto positivo sulla diffusione e contagio da Covid-19, con il coinvolgimento attivo delle farmacie, dei professionisti sanitari e delle istituzioni del territorio».

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