Roma, 22 mar. (Adnkronos Salute) – Il bilancio del mercato farmaceutico nazionale del 2012 è da recessione: alla variazione negativa dei fatturati (-0,83%) e alla leggera frenata dell’export si è accompagnata l’ennesima performance negativa per il canale farmacia, che ha registrato una diminuzione del giro d’affari del 5,3%. Per il settore farmaceutico è dunque urgente individuare le strategie per affrontare la situazione. Pronostici e ricette sono al centro dell’incontro ‘Innovare per crescere – Sfide e opportunità per il Sistema salute rispetto ai cambiamenti dello scenario sociale’, organizzato a Tirrenia (Pisa) da Asis (Associazione studi sull’industria della salute), col patrocinio della Provincia, del Comune e dell’Università di Pisa, del distretto toscano delle Scienze della vita e delle principali associazioni di settore: Farmindustria, Assobiotec, Assogenerici, Aschimfarma, Federfarma, Federsalus e Pharmintech.
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“La crisi sembra aver preso il sopravvento – spiega Marco Macchia, presidente Asis e presidente del Corso di laurea in Chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Pisa – ma tutti gli interlocutori che hanno accettato di partecipare a queste giornate di studio sono invece convinti che il sistema Italia, e con esso il settore farmaceutico possono ripartire. Il problema è riuscire a interpretare senza pregiudizi le sollecitazioni e il bisogno di cambiamento in un settore quale quello della salute, che sta già subendo drastiche trasformazioni e che costringerà tutti i protagonisti ad adeguarsi”.
Per Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria, “per crescere l’economia in Italia deve aumentare innovazione, investimenti, export, competitività, qualità delle risorse umane. Sarebbe davvero incredibile lasciarsi sfuggire un settore che queste caratteristiche già le ha ed è fortemente presente in Italia. Eppure il contesto nel quale operano le imprese mostra che i rischi sono concreti e richiedono politiche urgenti per rendere più attrattivo il Sistema Paese”.
Fare tesoro delle discontinuità è la ricetta suggerita da Renato Ridella della A.T.Kearney, che individua nell’evoluzione 4 elementi cardine (sistema sanitario, copertura, paziente e canale distributivo) come possibili fonti delle implicazioni più dirompenti.
Tra le provocazioni lanciate da Ridella, due quelle che fanno più discutere. La prima riguarda il possibile ‘carve out’ del cronico, cioè un assetto in cui il paziente sia preso in carico nella sua patologia da un provider privato. “L’azienda farmaceutica – spiega – potrebbe giocare un ruolo nuovo in questo scenario. Offerte ‘capitared’ (pay-per-patient anziché pay-per-pill) sono già emerse come nuovi modelli di cooperazione nei Paesi emergenti. Ed è interessante osservare che l’evoluzione dei sistemi sanitari potrebbe rivelarsi bidirezionale, con quelli evoluti/occidentali che riprodurranno in futuro alcune condizioni oggi proprie dei Paesi emergenti”.
Tra i fattori da tenere sott’occhio figura, secondo Ridella, anche la crescente proattività del paziente che potrebbe, a stretto giro, indurre anche pesanti evoluzioni dello scenario distributivo e significativi cambiamenti nelle relazioni tra farmacisti e aziende farmaceutiche. “Nell’attuale panorama di stagnazione – afferma – si stima che tra qualche anno circa 2 mila farmacie potrebbero rischiare la chiusura. Per scongiurare tale eventualità potrebbero cadere tabù come l’apertura del canale a società di capitali, nella convinzione che solo player ‘industriali’ possano salvare i piccoli a rischio di chiusura grazie a economie di scala e di scopo”.
Giuseppe Recchia, direttore medico di GlaxoSmithKline, ha parlato invece di cambio di relazioni e nuovi partenariati: “Lo sviluppo della ricerca farmaceutica dipende dalla capacità di innovare la terapia a un costo proporzionato al valore aggiunto, contribuendo alla sostenibilità sia della propria ricerca che dei sistemi sanitari utenti dei prodotti di tale ricerca. Partecipare alle future attività di ricerca e sviluppo dei nuovi farmaci e intercettare gli investimenti economici associati è una sfida obbligata per l’Italia e la crisi potrebbe rappresentare un catalizzatore per promuovere e in parte obbligare attori diversi, spesso con interessi di difficile conciliazione fino a pochi anni fa, a collaborare a tutti i diversi livelli della filiera della conoscenza ed in ogni fase dello sviluppo del farmaco”.
La soluzione? “Lo sviluppo di un mercato della conoscenza tra imprese, università, enti regolatori, Fondazioni e Charities italiani – conclude Recchia – per condividere e utilizzare la conoscenza prodotta dal sistema Italia e agevolarne il trasferimento verso il farmaco, collaborando con la rete e il patrimonio globale di competenza ed esperienza dell’impresa farmaceutica internazionale”.
Sulla stessa lunghezza d’onda la mission di Asis che punta a riunire il mondo del lavoro e le istituzioni quali l’università, all’interno di modelli che possano favorire le giuste sinergie per la ricerca, lo sviluppo e la formazione nelle scienze della vita: “Proprio per questo – spiega il presidente Macchia – il 15 marzo in collaborazione con la Fondazione Carlo Erba abbiamo bandito due premi per giovani dottori di ricerca che durante il loro recente periodo di dottorato abbiano svolto ricerche particolarmente innovative, che possano costituire base di programmi futuri nel campo delle malattie oncologiche e delle malattie neurodegenerative (www.asis2013.it)”.
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