Mentre il disegno di legge sulla Concorrenza appare congelato in Parlamento, dopo il referendum costituzionale e la caduta del governo Renzi, l’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese, torna sul tema delle farmacie, puntando il dito contro chi «abdica al proprio ruolo sociale, ovvero garantire l’accesso ai farmaci a chi ne abbia bisogno».
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Il gruppo Conad ha sostenuto con fermezza la liberalizzazione dei farmaci di fascia C. Il rischio non è di muovere una fetta di mercato che è importante per piccole aziende come le farmacie e meno per grandi gruppi come quelli della distribuzione organizzata, che puntano prevalentemente su altri business?
Il nostro intento non è certo quello di sostituirci alla farmacia per fare business. Il fatturato che realizziamo con le nostre parafarmacie – 80 milioni di euro all’anno – rappresenta lo 0,6 per cento del giro d’affari complessivo del gruppo Conad. Il nostro punto di vista, piuttosto, è contribuire a tutelare il potere d’acquisto della persona rendendo disponibile una convenienza che non è un surrogato di interessi corporativi. Con il Ddl Concorrenza a perdere sono prima di tutto i cittadini e poi i farmacisti. Mi spiego: per difendere il ruolo della farmacia a tutela della salute dei cittadini e l’affermazione che il farmaco non è un prodotto come tanti altri, i farmacisti sono disponibili anche ad aprire alle società di capitali. Nasceranno catene di farmacie all’interno di un monopolio e in crisi finiranno prima di tutto le stesse farmacie, non certo per mano della grande distribuzione.
Soprattutto le farmacie rurali appaiono però in particolare difficoltà, in questo periodo, dal punto di vista economico. Non pensa che rischiare anche solo parzialmente di indebolirle possa portare alla perdita di importanti presidi sanitari, che operano in aree remote nelle quali difficilmente potrà aprire un grande supermercato?
Quello delle farmacie rurali è un tema… abusato, perché in realtà ricevono già sostegno e sussidi economici dalle Regioni. È dunque un argomento pretestuoso, portato da Federfarma per avvalorare la denuncia alla grande distribuzione che mina il ruolo di presidio sanitario delle farmacie. È fuor di dubbio che le farmacie rurali abbiano una funzione sociale importante, visto che sono collocate in piccole comunità di persone. Sarebbe tuttavia fuorviante vedere nella grande distribuzione il killer che le elimina dal mercato.
Con la caduta del governo Renzi teme che l’iter del Ddl Concorrenza possa allungarsi ancora?
Il Ddl Concorrenza è tra quelli che sembrano destinati a rimanere in sospeso a lungo. Ancora una volta il governo dimostra di ignorare le reali necessità dei cittadini, soprattutto delle fasce più disagiate che già hanno operato una personale spending review, tagliando persino sulla spesa per i farmaci e le cure sanitarie. Un governo che sembra aver dimenticato i risultati ottenuti dalla prima parziale liberalizzazione del mercato e il fatto che liberalizzare i farmaci di fascia C sarebbe a costo zero per le casse dello Stato, aiutando non poco i già magri bilanci di tantissime persone.
Se si andasse a nuove elezioni confida in un cambiamento dei contenuti del Ddl Concorrenza, magari introducendo la liberalizzazione della fascia C?
L’auspicio è che il governo e il legislatore abbiano un ripensamento nella giusta direzione. I segnali di disagio dei cittadini sono costanti quanto, però, inascoltati. Non lo diciamo noi, bensì l’Istat: 4,6 milioni di italiani non riescono ad acquistare i farmaci necessari per le loro cure. Il Paese ha bisogno di cambiamento e di innovazione, all’interno di un quadro di stabilità che è fondamentale per agevolare la ripresa e migliorare la credibilità sui mercati esteri. La liberalizzazione dei mercati è uno strumento per creare le condizioni di una maggiore concorrenza, superare i monopoli, fare in modo che i cittadini abbiano più possibilità di scelta.
Più in generale, ritiene che lo strumento del disegno di legge annuale sulla Concorrenza sia efficace per garantire al Paese la spinta economica di cui necessita? Oppure c’è il rischio che di Ddl se ne approvi uno ogni 3 anni?
Modificare il Ddl annualmente significa avere uno strumento che tenga conto dei reali cambiamenti del Paese e delle esigenze dei cittadini, ormai in continua evoluzione. È inaccettabile che il Ddl Concorrenza giaccia da più di 600 giorni in Parlamento senza che in nessuna sua parte tenga il alcun conto le necessità reali dei cittadini e un quadro sociale che si impoverisce di continuo. Anziché garantire ai cittadini servizi e convenienza, incentivare la nascita di nuova imprenditorialità, creare nuova occupazione giovanile riconoscendo la dignità della professione anche ai farmacisti delle parafarmacie si è preferito assecondare la rendita di posizione che i farmacisti danno da tempo acquisita in modo definitivo.
Lei ha dichiarato che solo una piccola parte delle farmacie pratica sconti. Ma alcuni farmacisti sostengono che tenuto conto di margini e studi di settore ci può essere poco margine per abbassare i prezzi. Cosa risponde?
Non lo dico io che le farmacie non praticano sconti, bensì una ricerca di Altroconsumo accessibile a chi voglia leggerla. Il tema dei margini è reale, ma gli studi di settore rivelano un vizio di fondo: la marginalità delle farmacie è legata agli oneri finanziari per acquisti fatti a valori esorbitanti e ai tempi “biblici” con cui avviene il rimborso del costo dei farmaci. Fattori su cui sarebbe meglio lavorare per trovare soluzioni e non continuare a lamentare una marginalità troppo bassa per potere praticare gli sconti. Solo una farmacia su otto è in grado di vendere farmaci a prezzi scontati; le altre, di fatto, abdicano al proprio ruolo sociale, ovvero garantire l’accesso ai farmaci a chi ne abbia bisogno.
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