Le associazioni di consumatori stanno da tempo allertando la popolazione in merito ai possibili effetti collaterali, nonché alla a loro avviso non sempre provata efficacia di una serie di prodotti venduti in farmacia. Si tratta semplicemente del loro lavoro oppure c’è in qualche modo una volontà di infondere nella società una certa diffidenza rispetto all’acquisto di tali prodotti salutistici? Secondo Francesco Palagiano, segretario dell’Asfi, «si tratta semplicemente del lavoro che le associazioni devono fare e che fanno da sempre. Tra l’altro conosco abbastanza l’associazione Altroconsumo, che nasce negli anni Settanta (all’epoca con un altro nome) e che si è sempre distinta, anche rispetto ad altre, nel voler difendere gli interessi dei consumatori su basi scientifiche, senza alcuna posizione preconcetta. Pertanto, non c’è a mio avviso alcuna crociata in atto. C’è piuttosto la condivisibile aspirazione a valutare i prodotti attraverso dei test comparativi. Per tanti anni questo è stato fatto con un espresso divieto di citare i prodotti migliori per evitare pubblicità. Di recente è cambiato in questo senso l’approccio. Altroconsumo ha 390.000 soci, per cui anche la rappresentatività è notevole. E, ripeto, da parte loro si è sempre puntato come leva sull’informazione corretta».

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«Il punto di fondo – prosegue il dirigente – è che l’approccio corretto di comparare e conoscere i prodotti, e dunque farsi un’idea, è un approccio che dovrebbe essere fatto proprio da noi farmacisti. La nostra categoria dovrebbe concentrarsi su questo, anziché sul contestare i risultati del test. La realtà è che noi non siamo del tutto “padroni” del canale farmacia, in quanto farmacisti: perché qualsiasi azienda, per ciò che non è farmaco, può commercializzare un prodotto e proporlo come “venduto in farmacia e in parafarmacia”. Ma questa frase non significa nulla, perché non essendoci alcun filtro da parte della categoria, è una scelta commerciale se il produttore lo mette in vendita in farmacia, probabilmente per approfittare della credibilità della farmacia. Solo di recente sto notando una presa di coscienza di questa situazione, ma fino ad ora la nostra categoria ha in qualche modo accettato questo stato di cose, immaginando di trarre più vantaggi che altro. Quando poi però su alcuni di questi prodotti, come nel caso di alcune creme verso le quali si è puntato il dito, si sollevano dubbi, noi come canale dobbiamo chiederci cosa abbiamo fatto. Poi non possiamo arrabbiarci se il tale prodotto non risulta idoneo secondo un determinato test». Palagiano conclude spiegando che «la speranza mi arriva dal fatto che si comincia a percepire l’utilità di intervenire nel processo di legittimazione di questi prodotti nelle farmacie. Fatto che finora è stato gratuito e senza alcun tipo di controllo, in modo del tutto passivo. Ancora oggi però non c’è un organismo della categoria, neppure consultivo, che dia un parere sui prodotti. Questo è vero il vulnus, non il fatto che Altroconsumo o altre associazioni facciano dei test indipendenti per valutarne la qualità. Studi che, è bene sottolinearlo, di certo non vengono pubblicati per colpire la farmacia…».

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