previdenza-farmacisti-enpafCiclicamente si torna a parlare di riforma del sistema previdenziale per i farmacisti, un tema tanto più avvertito in una fase come quella attuale in cui anche il comparto farmacia, tradizionalmente uno dei più solidi, inizia a dare crescenti segni di sofferenza. Federfarma qualche mese fa, con lettera della presidente Annarosa Racca, ha chiesto all’Enpaf di alleggerire gli oneri contributivi per i farmacisti in posizione svantaggiata, disoccupati, precari e pensionati, senza per contro aggravare la posizione dei titolari. Richieste che spesso non tengono conto dell’obbligo della Cassa di mantenere un equilibrio tra entrate e uscite. Per fare chiarezza su questi temi, FarmaciaVirtuale.it  ha sentito il presidente dell’Enpaf, Emilio Croce.

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Presidente Croce, quali sono le migliorie che secondo lei si potrebbero apportare al sistema previdenziale dei farmacisti?
Bisogna fare una premessa essenziale: occorre prima di tutto fare i conti, e tenendo chiari alcuni presupposti. L’Enpaf, come gli altri enti previdenziali per professionisti, rientra nel bilancio consolidato dello Stato. È previsto a livello governativo l’equilibrio del saldo previdenziale, l’Enpaf è un ente vigilato, ed eventuali esborsi aggiuntivi vanno compensati con pari introiti, il che significherebbe un aumento dei contributi a carico dei farmacisti, in un momento in cui il settore soffre.

Cosa pensa dell’eventualità di versare i contributi proporzionalmente al reddito?
Tra l’anno scorso e quest’anno abbiamo consultato tutte le componenti sindacali, e tutte si sono schierate – giustamente – contro un sistema di calcolo contributivo. Ci sono state perplessità solo da parte dei rappresentanti delle parafarmacie. Tutto passa attraverso un discorso di equilibrio intergenerazionale: per un giovane potrebbe funzionare meglio il sistema contributivo, ma non per i professionisti che sono a metà percorso e che lavorano e versano contributi già da alcuni decenni. In ogni caso se le categorie lo chiedessero, così farebbe l’Enpaf, adotterebbe il sistema contributivo. Va comunque detto che il contributo obbligatorio da versare col sistema attuale è contenuto.

Come valuta l’obbligo di pagare un contributo minimo anche per chi è disoccupato?
L’Enpaf fa interventi assistenziali su questo fronte; siamo l’unica cassa che compensa tale contributo con interventi di tipo assistenziale.

E come valuta l’ipotesi di abolizione del contributo dello 0,90% a carico delle farmacie?
È una trattenuta prevista per legge, e per cambiarla deve esserci un’altra legge del Parlamento, con apposita copertura finanziaria. Valuto negativamente l’ipotesi di abolirla, perché dovrebbe essere compensata con un aumento del contributo personale, che comprensibilmente nessuno vuole.

Crede che sarebbe necessario un ripensamento del sistema previdenziale dei farmacisti, e nel caso in che direzione dovrebbe andare, o pensa che tutto sommato rappresenti una buona forma di tutela?
I nostri spazi di manovra sono quelli che sono. L’attuale sistema, nonostante tutto, è più vantaggioso di quello contributivo. Per avere un sistema più adeguato occorrerebbe aumentare i contributi, e al momento la categoria non la vede come un’occasione, ma come un ulteriore aggravio. Per i giovani che si devono ancora costruire un percorso potrebbe essere un’opportunità, ma tra chi è più avanti con l’età non c’è interesse a cambiare il sistema.

Qual è la sua valutazione sul grado di soddisfazione dei farmacisti nei confronti dell’Enpaf?
Nessuno è soddisfatto del proprio ente di previdenza; noi facciamo di tutto per contenere l’impatto negativo, ma nell’ambito del contesto in cui ci troviamo…

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