Il nostro breve commento alla recente legge pugliese (v. Sediva news del 18/03/2014) ha ingenerato altri interrogativi su questa vicenda, nella quale peraltro l’autentica questione centrale – affrontata nelle poche battute di quella news – è e resta per noi quella della determinazione dell’area di intervento del legislatore regionale sull’uso concreto, da parte delle farmacie, della facoltà di tenere aperto l’esercizio oltre l’orario e i turni obbligatori.
Per la verità, almeno qui le regioni sembrerebbero avere idee chiare e infatti la Puglia – che, al di là di qualsiasi immaginazione, ha attribuito agli Ordini dei farmacisti (sia pure con terminologia non sempre univoca) competenze provvedimentali in una materia che li aveva visti generalmente semplici amministrazioni consultive… – non è la sola ad aver imboccato su questo punto molto delicato la strada giusta.
È vero, come ci è stato fatto osservare da alcuni farmacisti pugliesi, che la dialettica tra le forze in campo ha finito probabilmente per generare nel test definitivo alcune falle, ma, in attesa che vi ponga al più presto rimedio lo stesso legislatore, potrebbe forse essere nel frattempo proprio l’Ordine dei farmacisti (“sentite le rappresentanze sindacali provinciali delle farmacie pubbliche e private”, come prescrive ripetutamente il testo della legge) a provvedervi in modo equilibrato e soddisfacente.
Abbiamo comunque selezionato tre quesiti pervenuti in questi giorni per una rapida rivisitazione dell’argomento.
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L’impossibile ritorno al passato
Nella nostra città, con la contemporanea apertura di altre farmacie per una o due ore oltre l’orario obbligatorio, il servizio notturno è diventato troppo oneroso e vorrei perciò rinunciare, ma credo valga la pena attendere ancora perché non so se questo sistema resterà liberalizzato come dice ora la legge, visto che la Corte Costituzionale si è già occupata dei commercianti. E se comunque le farmacie si accordassero tra loro?
Quindi nella Sua città, come anche in altre, il servizio notturno è (era) svolto in permanenza su base volontaria, senza perciò alcuna turnazione tra le farmacie (dell’intera città o di zone di essa); ma con l’ampliamento dell’orario serale degli esercizi non di turno, come denuncia il quesito, i “volontari” comprensibilmente tendono sempre più a rinunciarvi.
Stiamo dunque assistendo in qualche caso, proprio per il servizio notturno, al ritorno ad una turnazione – almeno per interi quartieri – tra tutti gli esercizi, come accadeva quando i titolari delle farmacie erano i padri o i nonni di quelli odierni.
Quanto al “futuro” di questa liberalizzazione degli orari, nulla può far pensare a un ritorno al “passato”, men che meno la Corte Costituzionale che per ora, è vero, si è occupata soltanto della norma relativa agli altri esercizi commerciali, ma senza lasciar trasparire il minimo indizio di segno contrario alla liberalizzazione assoluta degli orari nel comune commercio, ribadendo anzi a chiare lettere come stanno le cose e in pratica – vista la sostanziale equivalenza tra quella disposizione e il comma 8 dell’art. 11 – anticipando anche quale può essere l’idea dei giudici della Consulta sugli orari delle farmacie (se mai anch’essi fossero un giorno sottoposti al loro scrutinio…).
La Cassazione da parte sua è andata persino oltre in alcuni dispositivi della corposa sentenza n. 3080 dell’8/2/2013 ma ancor più in certe affermazioni incidentali, forse non del tutto condivisibili (v. Sediva News del 22-25/02/2013: Gli orari delle farmacie dopo le sentenze della Consulta sui negozi e della Cassazione sulle intese tra farmacie).
Sta però di fatto che, se stiamo al pensiero della Suprema Corte, anche la definizione di ipotetici accordi tra farmacie – salve funamboliche e complicate acrobazie su vari fronti (compreso magari anche quello sindacale…) – rischierebbe di risolversi in una fatica improba quanto inutile.
Del resto abbiamo rilevato più volte che anche il legislatore regionale – sulla questione centrale cui si è accennato all’inizio – ha un modestissimo spazio operativo, e qui (v. Sediva news del 31.10.2012: “Il punto sulla riforma-Monti del servizio farmaceutico”) è il Consiglio di Stato ad averlo chiarito – forse sin troppo… – nell’ordinanza n. 3555 dell’1/09/2012; e magari, come si è osservato, il limite estremo di quel che gli è consentito dal principio fondamentale sancito nell’art. 11 lo ha colto proprio la legge pugliese.
Gli orari dei dispensari in Emilia…
Sono titolare nella regione emiliana di una farmacia rurale sussidiata e di un dispensario permanente.
Chiedo se la liberalizzazione degli orari di apertura riguarda anche il dispensario annuale.
Siamo in Emilia, come viene precisato, e l’art. 36 della l.r. n. 19/82 (che, come tutte le leggi regionali previgenti al dl. Cresci Italia, sopravvive a quest’ultimo sia pure nei limiti della compatibilità con il nuovo principio statale), attribuisce ai sindaci la competenza della fissazione degli orari di apertura obbligatoria delle farmacie, mentre tace sui dispensari, anche se i loro orari di apertura obbligatoria vengono generalmente determinati tenendo conto di quelli stabiliti per le rispettive farmacie affidatarie.
Come abbiamo però visto ampiamente e ripetutamente, fermo il rispetto da parte della farmacia e del dispensario degli orari e dei turni obbligatori, per le altre ore della giornata e per le giornate diverse da quelle di turno il titolare – proprio perché la liberalizzazione in materia è assoluta – ha il diritto di tenere aperti al pubblico l’una e/o l’altro a proprio insindacabile piacimento, pur nel rispetto di disposizioni regionali del tipo di quella contenuta nell’art. 7 della legge pugliese.
Perciò, l’apertura – nel quadro degli orari fissati dal sindaco e secondo i turni notturni e festivi stabiliti dalla Asl (art. 28 della legge emiliana) – è obbligatoria ma la chiusura non è mai obbligatoria, né per la farmacia, né per il dispensario, che dunque, per quel che La riguarda, potranno essere tenuti aperti al pubblico (l’una, l’altro o ambedue) anche dalle ore 00.00 alle ore 24.00 di tutti i 365 giorni dell’anno.
Naturalmente valgono le considerazioni sotto il profilo imprenditoriale che Lei probabilmente già conosce.
…e delle farmacie in Sardegna
Vista la situazione stiamo valutando l’opportunità dell’orari
o continuato; si da il caso però che in Sardegna, regione a statuto speciale, c’è una legge che obbliga a spezzare tale orario con almeno due ore di chiusura pomeridiana.
Si può prevedere in caso di ricorso una ragionevole possibilità di vittoria oppure dobbiamo giocoforza attenerci a queste norme che violano apertamente i principi della libera concorrenza ?
E se volessimo fare il servizio 24h dal lunedì al venerdì ,con questa legge sarda, potremmo?
Dinanzi al principio statale, come accennato poco fa, anche le norme di legge delle regioni a statuto speciale – ove con esso in conflitto o comunque incompatibili – devono intendersi caducate di diritto, senza necessità di un ulteriore intervento regionale.
Questa è infatti la sorte delle disposizioni regionali anteriori all’art. 11, mentre quelle successive (come la legge pugliese), se contrastanti con la norma statale, possono essere espunte dall’ordinamento soltanto dalla Consulta, ove investita della questione di legittimità costituzionale da un ricorso governativo o da un qualunque giudice.
Richiamando perciò quanto rilevato in risposta al quesito “emiliano”, il Suo programma di apertura della farmacia “24h dal lunedì al venerdì”, nonostante la disposizione sarda, è pienamente realizzabile, evidentemente osservando anche gli eventuali turni di apertura obbligatoria nelle giornate di sabato e domenica.
Qualsiasi provvedimento adottato in conformità alle norme regionali da Lei citate sembrerebbe quindi illegittimo e annullabile dal Tar.
(gustavo bacigalupo)
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