Grazie a un progetto pilota, finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Digital Health Europe, quattro nazioni, tra cui l’Italia, hanno messo a confronto le supply chain del farmaco nei propri territori, al fine di capire cosa determina più frequentemente l’indisponibilità di medicinali e quali linee d’intervento si possono adottare, anche congiuntamente, per prevenire il fenomeno. L’indagine è stata condotta dall’Ordre national des pharmaciens (Cnop) in rappresentanza della Francia, da Federfarma per l’Italia, dall’Associação nacional das farmácias (Anf) per il Portogallo, mentre per la Spagna è intervenuto il Consejo general de farmacéuticos de España (Cgfe) in collaborazione con l’Agenzia spagnola del farmaco. Oggetto dello studio sono state le criticità che impediscono ai sistemi nazionali di arrivare a un efficiente scambio di informazioni tra Paesi. Tra queste, spicca la mancanza di una classificazione comune del farmaco, di un comune protocollo per il reporting e della definizione stessa di “indisponibile”, anche per via di parametri non omogenei per qualificare “ufficialmente” l’indisponibilità di un farmaco all’interno del ciclo distributivo (ad esempio il tempo trascorso tra l’ordine della farmacia e la mancata consegna del medicinale).

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Farmaci “indisponibili” e “carenti”

Due concetti diversi «L’uso del termine “indisponibili”, piuttosto che il più conosciuto “carenze” – precisa Federfarma – è stato volutamente scelto, in quanto l’Autorità regolatoria, con la Determina Aifa del 10 febbraio 2021, ha per la prima volta “codificato” la terminologia relativa a tale fenomeno». Carenza e indisponibilità assumono quindi due significati diversi. Per farmaco carente s’intende un medicinale che non è reperibile sull’intero territorio nazionale e per cui il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) non può temporaneamente assicurare una fornitura continua e appropriata rispetto al bisogno terapeutico dei pazienti, ad esempio a causa di problemi produttivi o di incrementi imprevisti delle richieste di un determinato farmaco. I medicinali indisponibili, invece, secondo la nuova definizione, non sono reperibili a causa di distorsioni del mercato spesso collegate alle dinamiche del circuito distributivo». Il progetto europeo attiene a quest’ultima definizione.

Farmacie prima indispensabile fonte d’informazione

I quattro Paesi coinvolti nel progetto concordano sull’importanza delle informazioni generate dalle farmacie, come input fondamentale per identificare i problemi di indisponibilità all’interno della supply chain e per quantificare la dimensione e la gravità del fenomeno. «I 12 mesi di lavoro passati insieme ai colleghi europei – ha commentato Marco Cossolo, presidente di Federfarma – ci hanno dimostrato come lo scambio di informazioni tra le associazioni di farmacie e farmacisti genera un plus valore indiscusso per le Autorità sanitarie. Infatti, le informazioni generate dalle farmacie sono in grado di far compiere un notevole passo in avanti sia per la rilevazione precoce delle indisponibilità legate alla catena distributiva, sia per mitigare gli impatti negativi sui nostri pazienti». L’iniziativa ha previsto un’analisi condotta per tutto lo scorso anno, soffermatasi in particolare sull’osservazione del sistema spagnolo organizzato dal Centro di informazioni sulla fornitura dei farmaci (Cismed), ritenuto particolarmente innovativo, grazie a un meccanismo di reporting automatico che le farmacie possono attivare in tempo reale. A fronte di quanto emerso dal progetto pilota, le Associazioni nazionali continueranno a lavorare per facilitare la realizzazione tecnica di un sistema europeo di informazioni sui farmaci indisponibili.

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