fascia cSi è tenuto giovedì 10 dicembre a Roma il convegno “#ddlconcorrenza. Monopolio e diritti: il caso dei farmaci di fascia C”. Sono intervenuti Sergio Imolesi, segretario generale Ancd-Conad; il vicedirettore dell’Istituto Bruno Leoni Serena Sileoni; Francesco Pugliese, amministratore delegato Conad; e Davide Giuseppe Gullotta, presidente Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane. Conad e FNPI sono promotori della petizione liberalizziamoci.it per la liberalizzazione della vendita dei farmaci di fascia C con ricetta.

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Nettissima la posizione dell’Istituto Bruno Leoni, che nell’Indice delle liberalizzazioni 2015 pone l’Italia a metà classifica, con un punteggio di 67 su 100. Il 10 dicembre l’Istituto ha infatti pubblicato il Briefing Paper “La liberalizzazione dei farmaci di fascia C non nuoce alla salute”, in cui l’autore Luciano Capone dichiara che quest’ultima «non sarebbe altro che la ovvia prosecuzione e naturale conclusione di un percorso che ha dato buoni risultati» e che gli argomenti usati per contestarla sono «in gran parte superati» e «non hanno trovato riscontro nella realtà». Di norma, sono gli stessi che erano stati sollevati contro il decreto Bersani: per valutarli basta guardare ai suoi risultati.

A chi paventa il rischio di un acquisto ingiustificato e “consumistico” di farmaci si risponde che il mercato dei farmaci senza prescrizione, già liberalizzato, «è in costante calo per il numero di confezioni vendute: circa -10% dal 2007 al 2013. Il pericolo di maggiori rischi per la salute dei cittadini – che è poi il motivo che più di ogni altro giustificherebbe una limitazione alla libertà economica e d’impresa – è pertanto scongiurato».

Una tesi, suffragata da Aifa, dice che il calo dei consumi sia dovuto all’aumento dei prezzi, ma risulta in contrasto con chi afferma che la liberalizzazione li faccia crollare, oltre che con le leggi economiche. Il fenomeno ha una spiegazione: i 200 milioni di aggravio per i cittadini si concentrano nel 2012, anno del delisting. «L’Aifa ha fatto parlare i numeri confrontando cose diverse: i due insiemi presi in considerazione sono differenti», si legge, dichiarando che la liberalizzazione ha portato a un calo dei prezzi del 20-25%.

A chi teme che la liberalizzazione tolga una fetta di ricavi alle farmacie l’Istituto replica che «molte farmacie sono in crisi, la redditività si è abbassata, ma la causa principale è nella contrazione della spesa farmaceutica pubblica e non della parte liberalizzata, che incide solo marginalmente sul fatturato: i farmaci interessati dal decreto Bersani rappresentano circa il 10% del fatturato delle farmacie e […] il 92% continua ad essere incassato dalle farmacie».

La partita, conclude l’Istituto Bruno Leoni, è redistributiva: in ballo c’è «la “rendita di monopolio”, di cui oggi i farmacisti si appropriano interamente o quasi, e che potrebbe invece trasferirsi al consumatore nel caso in cui la concorrenza fosse più presente».

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