
Per il Consiglio di Stato, infatti, la normativa prevista dalla legge numero 221 dell’8 marzo 1968, secondo la quale “ai farmacisti che abbiano esercitato in farmacie rurali per almeno 5 anni come titolari o come direttori o come collaboratori verrà riconosciuta una maggiorazione del 40 per cento sul punteggio in base ai titoli relativi all’esercizio professionale, fino ad un massimo di punti 6,50”, «va assunta – prosegue l’avvocato Bacigalupo – trattandosi di una “lex specialis”, come norma attributiva di un’agevolazione riconosciuta ai beneficiari indipendentemente, e quindi anche oltre, dal punteggio massimo complessivo di sette punti per ciascun commissario previsto dalla normativa generale (legge 362/1991 e decreto del presidente del consiglio dei ministri 298/1994)».
Si tratta, secondo il legale di una decisione «lapidaria», che rappresenta «l’ennesima picconata inferta anche e soprattutto ai concorsi straordinari, che rischiano quindi nella gran parte di essere rimessi in gioco quasi dalle fondamenta. Le impugnative delle graduatorie, ove ancora proponibili, fatalmente si sprecheranno, dato che la prospettiva dei partecipanti in forma individuale o per la gestione associata (se titolari o soci di società titolari di farmacie rurali sussidiate, oppure soltanto “parafarmacisti”) di scavalcare il limite dei 50 punti non può evidentemente (e comprensibilmente) che ingolosirli».
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