Sono diverse le dinamiche collaterali che interessano i farmacisti collaboratori alle prese con la gestione dell’emergenza coronavirus. Parte di queste passano inosservate ma incidono pesantemente sul clima che si vive nel fronteggiare le problematiche quotidiane. A lanciare un appello in questo senso è l’Associazione nazionale professionale farmacisti non titolari (Conasfa). La sigla di categoria evidenzia in proposito che «già dopo pochi giorni dal picco epidemico, purtroppo stiamo riscontrando qualche “scricchiolio”». Più nel dettaglio, «alla necessità di adeguarsi alle restrizioni impartite dal governo nazionale e spesso da quelle regionali – puntualizza la sigla -, riscontriamo alcune situazioni/decisioni “discutibili nelle tempistiche”».

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Secondo quanto riferito dal Conasfa «ricorrere all’utilizzo delle ferie/permessi dei farmacisti collaboratori può essere una delle leve, ma riteniamo debba essere concordato tra i “protagonisti interni” in modo equo. Ci viene segnalato che ciò non sempre avviene, suscitando dispiacere e disappunto, soprattutto considerando che nelle passate settimane, quelle più critiche, sembrava che anche una sola ora di assenza fosse apocalittica per l’azienda». La situazione si aggrava se, evidenzia il Conasfa, si considerano anche le «settimane passate al banco spesso senza alcun dispositivo di protezione individuale». Proprio così «qualcuno, in modo irriverente, si è sentito come quei soldati inviati in Russia con le scarpe di cartone. Ora la richiesta di stringere i denti appare unilaterale e molto precoce nelle tempistiche».

Da qui, l’appello del Conasfa al rispetto dei collabratori: «Invitiamo le organizzazioni datoriali a sensibilizzare/invitare i propri associati a valutare attentamente queste dinamiche per il bene di tutti, i collaboratori non sono delle semplici pedine da spostare sulla scacchiera. Forse ora come non mai l’hashtag #lontanimauniti fa al caso nostro».

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