Il comparaggio farmaceutico è un pratica in base alla quale taluni medici, farmacisti o operatori del settore, accettano denaro, premi, regali o viaggi, elargiti dalle aziende, in cambio della prescrizione o consiglio di determinati prodotti farmaceutici piuttosto che di altri, allo scopo di massimizzare il consumo di un determinato prodotto. Nella circolare con prot. 201800010220/AG del 28/11/2018, la Fofi ha informato della sentenza n. 51946 del 16 novembre 2018, della Corte di Cassazione, sez. penale, in tema di comparaggio farmaceutico

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Quest’ultima ha stabilito che «non sussiste il reato di “comparaggio farmaceutico” per chi corrompe il medico di base al fine di fargli prescrivere ai pazienti i parafarmaci prodotti dalla propria azienda». «Il reato – spiega la nota -, infatti, caratterizza soltanto le “specialità medicinali” o altro “prodotto farmaceutico” e non è dunque applicabile agli integratori che sono “prodotti alimentari”». In particolare, la sentenza afferma che «un integratore non è un farmaco, non una specialità medicinale e non può essere considerato un prodotto ad uso farmaceutico», per questo motivo, «ne deriva che il ricorrente non corrispose denaro e/o altra utilità allo scopo di agevolare la diffusione di specialità medicinali o di ogni altro prodotto a uso farmaceutico».

La Suprema Corte invece ha confermato la condanna del ricorrente per il reato di “corruzione propria”. Reato che, spiega la nota, «si configura quando la scelta discrezionale del soggetto pubblico è effettuata nell’esclusivo interesse del privato», in tal caso «scaturita per una serie di attività illecite volte a favorire la prescrizione del parafarmaco tra cui la dazione di buoni carburanti da 50 euro a due medici di base; l’organizzazione di sponsorizzazioni e cene elettorali in favore di un altro medico candidato alle elezioni comunali oltre all’assunzione di sua moglie; la corresponsione di qualche migliaia di euro ad un primario di pediatria e l’assunzione come informatore farmaceutico del figlio; infine, il conferimento di circa 1.500 euro ad un medico di base presso la Asl di Cosenza».

Infine, conclude la nota, «secondo la Cassazione le condotte sopra elencate non integrano il reato meno grave di “corruzione per esercizio della funzione” (che si configura nel caso in cui l’atto adottato sia esattamente quello che sarebbe stato adottato senza l’attività illecita) considerato “lo stabile asservimento del pubblico ufficiale ad interessi personali di terzi” e comunque “diversi da quelli istituzionali”. Inoltre, è stata disattesa la doglianza che sosteneva la scriminante del “modico valore” per i buoni carburante».

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