Affrontare la problematica della standardizzazione del metodo di estrazione, al fine di ottenere un processo altamente riproducibile e un prodotto finito di alta qualità. È in sintesi l’obiettivo dello studio, tutto made in Italy, “An optimized terpene profile for a new medical cannabis oil”, pubblicato sulla rivista scientifica “Pharmaceutics”, edito da Multidisciplinary digital publishing institute (Mdpi). Il team di ricercatori, costituito da Valentina Maggini, Lorenzo Calvi, Tommaso Pelagatti, Eugenia Rosaria Gallo, Celine Civati, Carlo Privitera, Flavio Squillante, Paolo Maniglia, Domenico Di Candia, Roberto Spampatti e Fabio Firenzuoli, ha messo a punto un nuovo metodo di estrazione dei terpeni, parte del fitocomplesso contenuto nella cannabis. I ricercatori spiegano che «i terpeni (limonene, β-mircene, α-pinene…), in parte responsabili dell’attività farmacologica della cannabis, sono molecole altamente volatili la cui concentrazione è influenzata dalle condizioni di estrazione ad alte temperature, per questo motivo la messa a punto di un metodo di estrazione funzionale permette di ottenere un prodotto con la maggiore concentrazione in terpeni».

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Le criticità del processo di estrazione

Tre le criticità del processo di estrazione, il riscaldamento del materiale di partenza. Gli studiosi hanno ricordato che «come ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica, fondamentale per la conversione dei cannabinoidi acidi nei loro corrispettivi decarbossilati, risulta necessario il riscaldamento del materiale vegetale, questo passaggio rappresenta una finestra critica per l’ottenimento di un preparato di alta qualità in quanto i tempi e le temperature utilizzate per effettuare questo processo influenzano significativamente le concetrazioni di terpeni all’interno del prodotto finito». Ne consegue che, alla luce di quanto evidenziato dai ricercatori, «i metodi di estrazione finora utilizzati provocavano un elevato“stress” del fitocomplesso sottoponendo le infiorescenze ad alte temperature per tempi prolungati sia in fase di decarbossilazione sia in fase di estrazione».

Il nuovo metodo Cerfit

Il team ha messo in luce che «il nuovo metodo Cerfit alterna intervalli di riscaldamento con intervalli di raffreddamento preservando le caratteristiche del fitocomplesso e ottenendo un profilo terpenico più stabile possibile». Più nel dettaglio «il metodo Cerfit prevede una decarbossilazione controllata a intervalli regolari di riscaldamento e raffreddamento riducendo al minimo lo stess termico e successivamente l’estrazione viene eseguita con un sonicatore a sonda posto direttamente all’interno di un beker contenente infiorescenze in olio Mct il tutto mantenuto in un bagno d’acqua refrigerato. Confrontando i diversi metodi di estrazione da un punto di vista analitico è stato dimostrato che attraverso il nuovo metodo Cerfit il profilo terpenico dei preparati a base di cannabis è risultato migliorato rispetto ai precedenti processi».

Effetto entourage

I ricercatori hanno rilevato che «la tendenza all’aumento della concetrazione delle molecole farmacologicamente attive ha permesso di rappresentare chiaramente il cosiddetto “effetto entourage”, infatti il potere del fitocomplesso cannabico è maggiore rispetto alla somma dei singoli componenti (cannabinoidi, terpeni, flavonoidi ecc…) dimostrando di avere tra loro un effetto sinergico, una maggior efficacia d’azione e una tossicità significativamente più bassa. Nella messa a punto della nuova metodologia di estrazione si è inaspettatamente giunti ad un altro importante traguardo che getta le basi per preparati a base di cannabis sempre più stabili e di qualità, in particolare la composizione degli estratti ottenuti con il metodo Cerfit erano privi i terpeni ossidati, prodotti di degradazione terpenica identificati come marker di invecchiamento».

Prospettive del metodo Cerfit

Quanto ad obiettivi futuri del metodo Cerfit, secondo gli studiosi «si auspica possa essere il suo utilizzo nella sperimentazione clinica, solo così sarà possibile verificare se alla comprovata ottimizzazione della metodologia di estrazione corrisponda una maggior efficacia del farmaco galenico ottenendo prodotti sempre più standardizzati». Aspetto che diviene ancor più di fondamentale importanza se si considera che, secondo quanto puntualizzato dal team, «molte aziende si propongono di fornire alle farmacie estratti oleosi di cannabis da sfruttare come materie prime nell’allestimento di preparati, ma nessuna di queste fornisce analisi esaustive e standardizzate riguardo le molecole che compongono questo straordinario fitocomplesso. Le infiorescenze di cui si approvvigiona un laboratorio galenico che allestisce estratti oleosi di cannabis sono molto più della scheda tecnica che le accompagna, sono molto più di un titolo di Thc e Cbd perché, come dimostra il metodo Cerfit, vale la pena analizzare tutte le molecole che le compongono con l’obiettivo di fornire finalmente a medici e pazienti un intero fitocomplesso standardizzato».

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