I farmaci di automedicazione sono una risorsa fondamentale per la salute del cittadino, eppure non ancora sufficientemente sfruttata e valorizzata. Sono le conclusioni dello studio Cergas Sda Bocconi per Assosalute, associazione nazionale dei farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, che ha voluto indagare l’opinione di alcune delle figure più rappresentative del mondo sociosanitario per offrire uno spaccato reale del valore attuale e potenziale dei farmaci di automedicazione nel Servizio sanitario nazionale, anche alla luce dei cambiamenti dettati dalla pandemia e dalle prospettive e progettualità attese dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Secondo quanto riportato nello studio, «il valore del farmaco di automedicazione è stato indagato rispetto a tre ambiti: la coerenza con il percorso di cura del paziente, il ruolo del farmaco di automedicazione nella ridefinizione della governance del farmaco e del territorio in coerenza con il Pnrr e la digitalizzazione e tracciabilità della cartella clinica».

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Farmaco da banco rappresenta un’opportunità

In tale direzione «i panelist coinvolti nella ricerca concordano sul fatto che il farmaco da banco possa rappresentare un’opportunità, con riferimento sempre alla gestione di disturbi minori, per una maggiore aderenza alla terapia, data la semplicità e rapidità nell’accesso al farmaco e, soprattutto, un ruolo attivo e per questo necessariamente più consapevole del cittadino. Affinché il ricorso ai medicinali di automedicazione sia appropriato occorre, oltre che un primo indirizzo del paziente/cittadino da parte dei professionisti sanitari, una forte sinergia tra i professionisti del territorio, medici di famiglia, farmacisti e infermieri». Nel dettaglio «lo studio evidenzia in tal senso l’importanza della consapevolezza e della sicurezza nel processo di cura e il ricorso ai medicinali di automedicazione, parte integrante di un più generale processo di progressiva autonomia delle persone in materia di salute. Più che l’accesso immediato al farmaco, infatti, è l’educazione all’uso che contribuisce all’aderenza al trattamento o comunque al corretto utilizzo. Per questo motivo, sarebbe utile fornire corsi di formazione e pensare ad azioni di educazione del paziente/cittadino, per i quali è visto come fondamentale un ruolo più attivo e sinergico da parte del medico di medicina generale e del farmacista».

Migliore allocazione delle risorse

Salvatore Butti, presidente di Federchimica Assosalute, ha sottolineato che «lo studio ha reso evidente come il farmaco da banco possa rappresentare una migliore opportunità di allocazione delle risorse, economiche e soprattutto professionali della sanità pubblica, in un contesto in cui l’emergenza pandemica ha messo in luce gli effetti negativi delle azioni di contenimento della spesa sanitaria e ha evidenziato alcune lacune e debolezze nella gestione territoriale delle patologie». Secondo Butti «tutto ciò ha tuttavia reso ancora più necessario, come emerge anche dallo studio, il rafforzamento della rete dei soggetti erogatori di prestazioni a livello territoriale. Mai come oggi, dunque, occorre ripensare alla gestione del percorso complessivo del paziente e supportare, ciascuno nel proprio specifico ruolo, farmacisti e medici di famiglia, i primi interlocutori delle persone per quanto concerne la salute, a partire proprio dai piccoli e più comuni disturbi».

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