Le posizioni assunte da Andrea Mandelli e Luigi d’Ambrosio Lettieri, rispettivamente presidente e vice-presidente della Fofi, hanno convinto il presidente delle Libere Parafarmacie Italiane, Ivan Giuseppe Ruggiero, ad abbandonare il tavolo di confronto. «Il doppio canale parafarmacia-farmacia – ha spiegato il dirigente – non è accettato. Non è una questione di soluzioni, ma di non condividere un percorso di evoluzione della parafarmacia. La Fofi vede la possibile risoluzione del problema non nell’accesso libero alla professione, ma ancora attraverso un sistema protezionistico, a favore di posizioni dominanti, non formato più dalla lobby delle farmacie, ma dal capitale».
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Secondo Ruggiero la legge sulla concorrenza apre infatti ad una «visione commerciale», che rischia di prevalere «sulla professione e sul ruolo del farmacista come garante della salute del cittadino. Dopo questo provvedimento scandaloso, mi aspettavo una visione diversa sul criterio di accesso alla professione, perché è stato minato il principio fino a oggi fondamentale che permette di acquisire una farmacia a concorso. Inoltre i titoli e l’abilitazione alla professione sono stati superati dall’aspetto economico». Ne consegue secondo il presidente delle LPI che oggi «chi ha i soldi è proprietario di farmacia, chi è farmacista non ha diritto di esercitare appieno la sua professione: una vergogna».
Ruggiero cita quindi la possibile liberalizzazione della vendita della fascia C, che a suo avvisto rappresenterebbe «un riconoscimento al farmacista, non un regalo al capitale, poiché il capitale ha la farmacia e gli sono stati concessi tutti i farmaci». Inoltre, secondo il dirigente «bisogna ristabilire la centralità del farmacista, rafforzando il suo ruolo. E questo non si può fare attraverso i concorsi: basti pensare ai danni che ha creato il concorso straordinario di Monti. Occorre creare un sistema nuovo di accesso alla professione, con la consapevolezza che il decreto Bersani non può essere toccato e che non possono essere chiusi i codici univoci». Ciò in quanto «non si può pensare di limitare la professione, quando abbiamo bisogno di creare lavoro».
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