Le recenti elezioni per il rinnovo del consiglio direttivo di Federfarma Roma hanno segnato la fine di un’epoca, con la lista Reset Assiprofar guidata dal neo presidente Vittorio Contarina che ha avuto la meglio su quella di Franco Caprino, in carica da 37 anni. FarmaciaVirtuale ha intervistato l’ex presidente del sindacato capitolino per fare il punto su quanto avvenuto con questo cambio al vertice.
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Dottor Caprino, il precedente consiglio direttivo è stato “resettato”, qual è la sua valutazione e quali sono state le dinamiche che hanno portato a questo risultato?
Ci sono state sicuramente delle pressioni esterne che hanno spinto a favore di qualcuno. Le ho individuate ma non voglio fare i nomi. E quando si muovono queste forze…
Gli interessi a fare queste pressioni di cui parla?
Ne cito uno: abbiamo preso i vincitori di concorso, li abbiamo convocati e gli abbiamo detto di non farsi rubare i soldi perché ci sarebbero stati gli sciacalli pronti, e gli abbiamo detto che avremmo fatto tutto noi gratis come associazione, sia a livello di assistenza legale che amministrativa. Abbiamo tolto un bel po’ di soldi a qualcuno… E poi non abbiamo suggerito arredatori o fornitori particolari, e abbiamo consigliato di non fare ricorsi se non ce n’era davvero motivo, evitando la corsa degli avvocati. Non abbiamo guadagnato una lira a comportarci così, anzi, per noi è stato un costo, e preciso che nessuno dell’associazione romana prendeva compensi per la propria attività nel sindacato. Ma l’abbiamo fatto per aiutare i nuovi colleghi, e abbiamo bloccato un po’ di interessi.
Alcuni componenti del suo precedente schieramento sono stati rieletti nel nuovo consiglio, come interpreta questo fatto? È troppo forte parlare di tradimento, si è trattato semplicemente di un cambio di visione?
Magari sapevano qualcosa più di noi, che si erano mossi certi personaggi… Sono saltati sul carro di quelli immaginavano sarebbero stati i più forti. E va considerato inoltre che davamo fastidio anche a qualcuno in Federfarma nazionale. Ho sempre espresso pubblicamente idee critiche nei confronti di certe posizioni.
Alcuni colleghi le contestano il fatto di essere stato 37 anni alla guida del sindacato romano, lei cosa risponde? Crede che casi come il suo siano una valorizzazione dell’esperienza, o che ci possa essere un rischio reale di un blocco eccessivo dell’insediamento di nuova classe dirigente, fermando il turnover e l’accesso delle nuove generazioni di farmacisti?
Io avevo fatto l’errore di dichiarare 3 anni fa che sarebbe stato il mio ultimo mandato e avevo indicato come delfino il mio vicepresidente: come ho fatto questo nome gli sono saltati addosso. All’ultimo ho allora deciso di ricandidarmi per non creare un trauma alla categoria. Tutti si sentono all’altezza di guidare un’associazione come Roma, ma non è facile. Con il mio consiglio direttivo siamo riusciti a raggiungere molti risultati, e la continuità garantisce di mantenerli. Sono favorevole ai ricambi, ma guidati, e con persone valide, non inesperte. Poi, abbiamo la regione con i migliori accordi, e secondo quanto giudicato dagli altri, non da noi; se i farmacisti di varie generazioni negli anni mi hanno sempre votato qualche motivo ci deve essere, dei risultati devo averli portati.
Crede che quanto successo al sindacato romano in queste elezioni possa avere delle conseguenze, una sorta di effetto contagio, anche per altre associazioni territoriali?
Le situazioni sono tutte diverse, i ricambi ci sono stati, più o meno condivisi; non generalizzerei.
Cosa farà adesso?
A parte un po’ di riposo, che mi ci vuole dopo tanto tempo, sicuramente non è che mi ritiro; ci inventeremo qualcosa.
Il suo giudizio sul nuovo consiglio?
Vedremo cosa succederà, e speriamo che tra loro trovino una sintonia…
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