Dopo l’emendamento di Marcello Gemmato (Fdi) che autorizza l’inoculazione di vaccini nelle farmacie nel 2021, approvato con la legge di Bilancio, è stata la volta del recepimento da parte delle diverse Regioni. Processo che, a distanza di alcuni mesi, sembrerebbe essere non uniforme a seconda delle varie aree d’Italia. Farmacieunite, associazione sindacale di titolari, già a suo tempo aveva acceso i riflettori sulle diverse dinamiche che, a dire della sigla, rallenterebbero l’avvio delle vaccinazioni nelle farmacie venete. FarmaciaVirtuale.it ha raccolto l’opinione di Franco Gariboldi Muschietti, presidente della sigla di categoria.

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In che acque navigano i farmacisti titolari?

«Cerchiamo di supportare i nostri pazienti/clienti. Siamo stressati psicologicamente perché la popolazione vuole certezze che magari non ricevono da altri mass media. La farmacia è diventata un punto di salvezza. I cittadini cercano conforto in farmacia: da un lato è un estremo piacere, ma dall’altro la sera si va a casa con la mente vuota. Speriamo che i farmacisti restino un punto di ferimento perché guardando il PNRR non vengono citati, anzi, viene evidenziata una riduzione della spesa farmaceutica».

Quale dovrebbe essere il ruolo del farmacista?

«Nessuno si rende conto di quanto difficile sia l’attività del farmacista, a partire dalla mattina quando apre la serranda ed è a disposizione del pubblico. La vicinanza al cittadino è massacrante ma è mal pagata. Il margine sui farmaci è irrisorio, dovrebbe essere premiata la professionalità e la capacità al farmacista di dare ascolto al cittadino e dargli un consiglio utile per far sì che il farmaco venga poi assunto nella maniera migliore. Questo dovrebbe essere il ruolo del farmacista».

E il ruolo dei farmacisti vaccinatori?

«È una funzione che può dare qualcosa attivamente alla professione ed è una strada che apre a sviluppi futuri, perché potrebbe conferire al farmacista la possibilità di fare iniezioni in generale. Ma troppo trionfalismo non mi convince perché vedo la realtà molto più complessa, molto più difficile. Ci sono lotte interne tra le varie categorie ma in questo momento tutti dovrebbero essere più disponibili, compresi i diversi professionisti sanitari che non dovrebbero avere gelosie nei confronti dei propri colleghi. Nessuno vuole portar via il lavoro agli altri, ci mancherebbe».

È tutto?

«In aggiunta a ciò, ci sono state varie situazioni in cui son stati fatti proclami altisonanti per poi non ottenere i risultati che si era prospettati. Essere realisti e toccare con mano le possibilità che ci sono e poi sondare le proposte concrete che siano attendibili e fattibili. Va benissimo il protocollo nazionale che è stato firmato. Fa piacere perché apre una strada nuova per il farmacista, strada che sembrava impossibile da percorrere. Alcune Regioni hanno recepito e adottato il protocollo nazionale. Sulla carta va tutto bene, ma ad esempio la Regione Veneto ha recepito il protocollo nazionale tuttavia a oggi ci sono diversi problemi: non è nota la piattaforma dove i farmacisti devono inserire i dati, non conosciamo le dinamiche relative alla distribuzione dei vaccini, ovvero come saranno consegnati alle farmacie, alcuni parlano del coinvolgimento del distributore intermedio che sicuramente avrà bisogno di un agio».

Quali sono le prospettive per il futuro?

«Le vaccinazioni in farmacia rappresentano una cosa positiva e consentono un riposizionamento della farmacia, conferendo vantaggi a tutte le parti coinvolte: farmacista, paziente e Servizio sanitario nazionale. La speranza è che tutto venga risolto per il meglio e che il meccanismo funzioni alla perfezione. Nel futuro questa è una cosa che potrà essere utile. Andando oltre lo specifico momento, ci auguriamo che il progetto migliorerà e migliorare la propria utilità ai farmacisti che hanno dato la disponibilità a prenderne parte. Le farmacie potrebbero diventare luoghi veramente importanti per le vaccinazioni».

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