Diciotto rappresentanti delle Agenzie europee di Sanità pubblica di quattordici Paesi (Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Olanda, Polonia, Slovenia, Spagna e Svezia) hanno partecipato ad un confronto sulla qualità e sicurezza delle cure. Tra i presenti, anche l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali italiana, secondo la quale i due giorni di lavori hanno rappresentato «un’occasione finora inedita per evidenziare differenze e similitudini nella modalità di gestione della sicurezza delle cure e per avviare un dialogo costante».
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In un comunicato, l’agenzia riferisce le parole di Eva Kernstock, capo del dipartimento Qualità e Patient Safety presso il GOEG (l’Agenzia dei servizi sanitari austriaca), «la quale ha auspicato che venga incrementata la collaborazione tra Paesi europei, non solo per definire indicatori, ma soprattutto per confrontarsi su progetti reali e concreti di riduzione del rischio clinico». «Una riflessione – ha aggiunto Sean Egan, deputy director dell’Agenzia Irlandese HiQA – va fatta anche sui mandati delle agenzie: mentre quasi tutte hanno funzioni di monitoraggio, rilevazione e valutazione, soltanto in alcuni casi hanno anche compiti di controllo e intervento sulle criticità». «Occuparsi seriamente di patient safety – ha evidenziato quindi la svedese Charlotta George – riduce davvero la mortalità: in Svezia si è passati in dieci anni da 3.000 a 1.400 morti all’anno per incidenti legati alla sicurezza delle cure e da 10.000 a 3000 i danni alle persone».
Per Anna García-Altés, responsabile per la Catalogna «In Europa si potrebbe apprendere da un confronto tra Paesi più di quanto stiamo facendo: pensiamo all’Osservatorio in Catalogna e in Italia progettati per mettere a disposizione del cittadino, ma anche dei medici, degli amministratori e dei dirigenti sanitari informazioni obiettive e credibili. Un esempio che funziona da anni». Anche grazie ai farmacisti, che tuttavia non vengono citati, nonostante rappresentino il primo punto di contatto, per i cittadini (già un rapporto del Censis sul sistema sanitario italiano era incappato nella stessa dimenticanza).
Il presidente dell’Agenas, Luca Coletto, ha da parte sua spiegato che «in un’epoca dominata in tutti i settori da una connessione continua e da una mobilità in crescita è necessario un confronto periodico a livello europeo anche in ambito sanitario. Mai come nel settore della salute, il lavoro in sinergia e la condivisione delle migliori esperienze rappresentano i metodi più efficaci per superare ogni forma di diversità e di disuguaglianza nell’accesso alle cure, sia che attraversino le singole Regioni, sia i singoli Paesi. Sono fiducioso che le istituzioni europee, nelle scelte di politica sanitaria, adotteranno la metodologia della condivisione tecnica per una soluzione efficace delle principali criticità».
Gli ha fatto eco il direttore generale dell’agenzia, Francesco Bevere: «L’Agenas si è fatta portatrice della necessità sentita a livello europeo di identificare le attività comuni fra agenzie nazionali che hanno compiti istituzionali simili, ma non uguali, e che riconoscono l’esigenza di condividere e uniformare prassi e comportamenti, in modo da favorire il più possibile l’omogeneità di risposta di tutti i Paesi».
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