Nel 2014, il ministero della Salute pubblicò la raccomandazione numero 17 in materia di Riconciliazione della terapia farmacologica, sottolineando che «gli errori in corso di terapia farmacologica riguardano tutto il processo di gestione del farmaco, sia in ospedale che sul territorio. In particolare, nei momenti cosiddetti di Transizione di cura (rappresentati dal ricovero del paziente in ospedale e dalla sua dimissione, dal suo trasferimento tra reparti della stessa struttura o ad altra struttura sanitaria) gli errori in terapia, correlati a discrepanze non intenzionali, possono causare danni al paziente con un prolungamento della degenza o ricoveri ripetuti e l’impiego di ulteriori risorse sanitarie. La letteratura nazionale ed internazionale riporta che il 67% dei pazienti, all’ammissione in ospedale, presenta discrepanze non intenzionali nella terapia e che, spesso, queste non vengono corrette: l’omissione dei farmaci è la più frequente discrepanza non intenzionale, seguita dalle assunzioni non necessarie».

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L’avvocato Paola Ferrari, esperta di diritto sanitario, è tornata di recente sull’argomento, concentrandosi soprattutto sulle interazioni tra farmaci e integratori. «In Italia se ne parla troppo poco – spiega a FarmaciaVirtuale.it – a differenza di quanto accade all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Sul tema delle interazioni tra medicinali e integratori, in particolare, c’è troppa poca attenzione, ad esempio sugli anticoagulanti e l’erba di Sant’Antonio. Quando si assume un integratore occorrerebbe sempre riflettere sui farmaci che si assumono. Nel caso in cui siano i medici a prescriverlo, ma anche i farmacisti dovrebbero esserne a conoscenza, c’è la raccomandazione numero 17 sulla riconciliazione della terapia farmacologica alla quale ci si deve attenere, ma in generale a volte i pazienti assumono determinati prodotti in modo troppo superficiale. E ci sono moltissimi casi di persone che poi hanno conseguenze anche serie, ma non vengono recensiti». Tuttavia, evidenzia Ferrari, «i rischi dell’interazione, in particolare nella popolazione anziana, sono ben descritti nello studio «Prevalenza delle interazioni farmaco-erba e farmaco-integratore negli adulti più anziani: un sondaggio trasversale», pubblicato sulla rivista scientifica “The British Journal of General Practice“. Nel lavoro si mette in guardia dalle combinazioni aglio-aspirina e ginseng-warfarin». In aggiunta, è utile evidenziare che «la vitamina K può ridurre la capacità del fluidificante del sangue Coumadin® di prevenire la coagulazione del sangue», mentre «l’erba di San Giovanni può accelerare la scomposizione di molti farmaci, inclusi antidepressivi e pillole anticoncezionali, e quindi ridurre l’efficacia di questi farmaci».

Quanto agli antiossidanti, frequentemente usati in vari casi, l’esperta evidenzia che «alcuni come quelli contenenti vitamine C ed E potrebbero ridurre l’efficacia di alcuni tipi di chemioterapia antitumorale». In aggiunta a ciò, spiega Ferrari, «il documento “Les compléments alimentaires contenant des plantes” edito dalla francese “Académie nationale de Pharmacie”, dopo una parte relativa alla ricostruzione dei problemi contiene numerose informazioni riferite all’uso spropositato degli integratori alimentari, questi ultimi divenuti ormai una categoria che spesso sfugge anche al controllo delle autorità regolatorie». Tale lavoro «mette in guardia sui rischi di combinazioni pericolose. Tra queste Ginkgo biloba, valeriana ed alti integratori con farmaci anticoagulanti, ma anche degli integratori spesso consigliati agli sportivi che contengono dosi massicce di caffeina».

Infine, Ferrari cita «il documento europeo dell’Efsa del dicembre 2018 con l’indicazione dei livelli tollerabili di integrazione», nonché il sito dell’agenzia di protezione alimentare francese che elenca una serie di eventi avversi derivanti dall’uso errato di integratori alimentari. «I farmacisti – conclude -, proprio perché professionisti non si possono limitare a “consigliare” questo o quello ma devono rispettare le regole di buona pratica e non possono ignorare il rischio. È bene accertare sempre se il paziente assume farmaci ed astenersi dal consigliarli e/o addirittura sconsigliarli quando è lo stesso paziente a chiederli su consiglio di un amico». Ciò ricordando sempre che il farmacista «svolge un fondamentale ruolo educativo ma è anche responsabile nel caso in cui abbia ignorato le ormai consolidate regole di prudenza».

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