Giovedì 18 luglio è stato presentata a Roma, presso l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), l’edizione 2018 del Rapporto sull’uso dei farmaci in Italia. Il documento, contenente i dati aggregati relativi al 2018, ha evidenziato che la spesa farmaceutica nazionale totale è stata pari a 29,1 miliardi di euro, di cui il 77% rimborsato dal SSN. In media, l’importo si è attestato a circa 482 euro per cittadino. Cifre che non sono passate inosservate a Senior Italia Federanziani, federazione delle associazioni della terza età fondata con lo scopo di tutelare i diritti e migliorare la qualità della vita delle persone Senior. Nello specifico, l’associazione, attraverso le pagine del proprio portale, ha chiesto ai medici il perché della prescrizione di determinati farmaci. Ciò anche alla luce di quanto emerso durante l’evento di presentazione svoltosi a Roma.
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«La nostra fiducia nei confronti della comunità medico-scientifica – spiega Federanziani -, dei medici di medicina generale, degli specialisti, delle istituzioni deputate a governare la nostra salute, è crollata dopo che nei giorni scorsi abbiamo ascoltato le parole di illustri farmacologi in occasione della presentazione dei dati OsMed all’interno dell’Aifa». L’associazione si chiede il perché, secondo quanto emerso, «la vitamina D, che pesa 280 milioni di euro l’anno sulla spesa farmaceutica, non serve a nulla poiché su 93 trial non ve ne è nessuno che ne dimostri l’efficacia». Non solo. In aggiunta a ciò, Federanziani sottolinea che «in base a uno studio condotto su 38mila pazienti con ipertensione, di cui il 50% in trattamento e l’altra metà non trattati, i migliori benefici li hanno avuti quelli non trattati, anzi che quelli trattati stanno addirittura peggio».
«Noi pazienti – prosegue l’associazione -, che siamo abituati a riporre la nostra fiducia nei camici bianchi, si tratti di specialisti universitari, ambulatoriali, medici di base, di fronte a queste autorevoli affermazioni fatte all’interno dell’agenzia regolatoria ci chiediamo a chi dovremmo affidarci da questo momento in poi, se è vero che i medici prescrivono farmaci inutili o inefficaci. A nessuno di noi piace prendere tante pillole e ogni giorno fatichiamo a mantenere la cosiddetta aderenza alla terapia, ovvero a rispettare le indicazioni dei nostri camici bianchi, e ora ci sentiamo dire che non serve a nulla, mentre dall’altra parte la comunità scientifica resta in silenzio, se si eccettua la difesa della FIMMG e della Fnomceo rispetto al loro ruolo e al loro rispetto della deontologia e delle linee guida. A chi dobbiamo credere, dunque?».
Non è tardata ad arrivare la risposta di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo). A tal proposito, il dirigente ha rassicurato i cittadini evidenziando che «ogni volta che un medico fa una prescrizione, quell’atto esprime tutte le competenze acquisite nel corso degli studi, e racchiude in sé le valutazioni diagnostiche, quelle di appropriatezza clinica, basate sulle migliori evidenze scientifiche personalizzate sul singolo caso e paziente, quelle sul rapporto rischio/beneficio. Lo dispone la Legge, che affida ai medici, unici professionisti sanitari, la diagnosi e la prescrizione. Lo ribadisce il Codice Deontologico, all’articolo 13. Lo potenzia il rapporto biunivoco di fiducia che si viene a creare nella relazione di cura, quell’alleanza terapeutica che è presupposto imprescindibile per la riuscita di ogni percorso terapeutico». Anelli ha quindi ricordato che il Codice deontologico esplicita chiaramente che «il medico tiene conto delle linee guida diagnostico-terapeutiche accreditate da fonti autorevoli e indipendenti quali raccomandazioni e ne valuta l’applicabilità al caso specifico».
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