Riceviamo e pubblichiamo il comunicato integrale ricevuto dalla nostra redazione dall’Unione nazionale farmacisti titolari di sola parafarmacia.

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«In Italia le lauree esistono dai tempi che furono, però sembra che arrivati alle soglie del 2020 ancora non siano chiari compiti e limiti che possono dare a chi le ha conseguite».

«Il farmacista è il professionista sanitario specialista del farmaco che si occupa della preparazione, fabbricazione e del controllo dei medicinali, nonché della corretta dispensazione, della giusta posologia, aderenza alla terapia ed effetti collaterali dei farmaci (compresi presidi medico-chirurgici ed alimenti destinati a fini medici speciali). Disponendo di una specifica competenza scientifica, è autorizzato a consigliare in materia di farmaci ed a svolgere funzioni epidemiologiche, preventive e di educazione sanitaria presso la popolazione. Il farmacista esercita la professione in farmacia comunitaria, parafarmacia, farmacia ospedaliera, industria farmaceutica, cosmetica, nutraceutica ed è protagonista in tutti i settori che prevedono la presenza del farmaco”».

«Il farmacista ha chiaro il concetto di non essere un medico, un veterinario o un infermiere e che quindi malgrado spesso rappresenti la prima frontiera a cui sovente il cittadino si rivolge deve sempre demandare, giustamente, alle professioni sopracitate diagnosi, cure e pratiche mediche varie. Di queste limitazioni il farmacista è ben cosciente anche perché provare ad “intervenire” può essere molto costoso dal punto di vista legale per il cosiddetto abuso della professione medica che altro non è che il Dispositivo dell’art. 348 del Codice penale che dice testualmente “Chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni con la multa da euro diecimila a euro cinquantamila».

«Non ci sono dubbi…ad ognuno il proprio mestiere».

«Essendo tutto chiaro da questo punto di vista, a noi farmacisti risulta alquanto difficile capire come mai ai veterinari è concesso fare i farmacisti e consegnare farmaci presi dalle loro scorte (già aperte) ai loro clienti. Sia subito chiaro che facendo così un veterinario non infrange la legge perché a lui è questa attività è garantita dal Codice del farmaco veterinario (CFV) che di fatto vuole agevolare l’inizio della terapia sull’animale. Con una successiva modifica al CFV con l’articolo 13 della legge Balduzzi (8 novembre 2012, n. 189) al veterinario è concesso addirittura di consegnare per inizio della terapia anche scorte di nuovi farmaci rendendo così molto labile la differenza tra inizio cura e terapia vera e propria, conferendogli con un solo colpo anche una bella laurea in Farmacia».

«A questo punto varie domande sorgono spontanee».

«Farmacie e Parafarmacie, luoghi eletti per la dispensazione del farmaco veterinario con e senza ricetta, sono soggetti a controlli periodici e molto severi atti a garantire il rispetto di molti parametri tra i quali stoccaggio e conservazione dei farmaci, metodi di approvvigionamento attraverso ditte e grossisti certificati, controllo delle ricette. Questo sistema, perfezionato nel corso degli anni grazie alla collaborazione tra chi aziende sanitarie e farmacisti, garantisce la totale sicurezza del farmaco somministrato e quindi la tutela del paziente sia esso uomo o animale».

«Perché il veterinario, nella parte inerente il farmaco, è esentato da questo sistema di controllo? Come dispensa il farmaco? Lo vende o lo regala? Come certifica le scorte? Se detiene una scorta di farmaci da dispensare non dovrebbe avere un codice univoco ed adempire agli obblighi di registrazione di lotti e scadenze? Come si può essere certi della effettiva qualità e legittimità delle loro scorte? Come é possibile certificare la corretta conservazione delle scorte? E dal punto di vista della farmacovigilanza? Come potranno provvedere i medici veterinari al ritiro di un prodotto potenzialmente pericoloso se non ricevono i dispacci che noi farmacisti invece riceviamo puntualmente? Dopotutto la REV non é stata implementata proprio per aumentare il livello di controllo?» «Non ce ne vogliano i medici veterinari ma, crediamo, che qui siamo di fronte ad un abuso della professione del farmacista che lede il rispetto del mestiere altrui. Chiediamo quindi a vari enti: Ministero della Sanità, associazioni di categoria come ad esempio la federazione degli ordini dei farmacisti (FOFI) e Federazione nazionale ordini veterinari italiani (FNOVI) di sedersi ad un tavolo e di stabilire i giusti paletti per le competenze di veterinario e farmacista in modo da garantire sempre e comunque la salute del fruitore finale in questo caso gli animali».

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