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L’aumento dell’aliquota iva dal 21% al 22%, entrata in vigore il 1 ottobre u.s. e senza ormai alcuna possibilità di un ripensamento “ex tunc” (come era stato ventilato nei primi giorni del mese), comporta evidentemente – come tutti hanno subito fatto rilevare – una riduzione del margine di utile, a meno che non si proceda all’adeguamento dei prezzi di vendita (tenendo presente però che i prodotti per i quali la farmacia riterrà di operare l’aggiornamento dovranno riportare il nuovo prezzo e per quelli esposti al pubblico, ove si tratti di prodotti alimentari, anche il nuovo prezzo al Kg).
Per fare un esempio, un prodotto cosmetico acquistato ad € 7 + IVA e rivenduto ad € 12,10 (€ 10 di ricavo + € 2,10 di IVA al 21%) comportava un margine di utile del 30%, mentre ora il medesimo prezzo di vendita si scorpora in € 9,92 di ricavo ed € 2,18 di IVA al 22%, determinando inevitabilmente una riduzione del margine di utile al 29,44%, ottenibile con la proporzione 100 : X = (9,92 – 7) : 9,92.
Esiste il rischio molto concreto che la farmacia abbia già assorbito l’aumento dell’IVA dal 20% al 21% di settembre 2011 ed ora assorbire interamente il nuovo aumento equivarrebbe certo ad un ulteriore impoverimento del margine, forse oltre misura.
In quell’esempio, invece, l’adeguamento del prezzo di vendita da € 12,10 a € 12,20 (moltiplicando cioè il vecchio importo per 1,0083) comporterebbe l’invarianza del margine di utile al 30%.
Beninteso, non interessa a quale aliquota sono stati acquistati i beni (21% o 22%) perché l’IVA pagata al fornitore viene integralmente detratta nella contabilità della farmacia e perciò il ragionamento vale anche per la merce giacente in magazzino.
D’altra parte, come sappiamo, per le farmacie si applica il metodo della “ventilazione”, cioè la determinazione dell’aliquota media avviene sulla base delle fatture emesse dai fornitori di prodotti destinati alla vendita, e quindi l’aumento dell’iva, emergente appunto dalle fatture di acquisto, farà lievitare l’aliquota media anche dei corrispettivi arretrati del SSN.
Anche per questo, tenuto conto che la perdita per una farmacia, che fattura mediamente un milione di euro, può andare da 1.200 a 2.500 euro (secondo il ritardo nei pagamenti da parte del SSN), può forse essere opportuno tentare di limitare i “danni” quanto più possibile, se non scongiurarli del tutto.

(franco lucidi)

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