LPI, sindacato in rappresentanza delle parafarmacie, torna a far sentire la propria voce sul tema delle liberalizzazioni. A parlare è Ivan Giuseppe Ruggiero, presidente, che evidenzia come «la capacità assistenziale del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si è ridotta e si è dunque registrato un inesorabile arretramento del finanziamento pubblico alla sanità che ha costretto i cittadini ad attingere alle proprie tasche per accedere alle cure o nel peggiore dei casi li ha costretti a rinunciare a curarsi». Ne consegue che «la spesa sanitaria privata in capo alle famiglie italiane sta aumentando a un ritmo più intenso della loro spesa totale per consumi».

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Proprio a causa delle «difficoltà delle famiglie Italiane», il sindacato che rappresenta oltre 600 farmacisti titolari di parafarmacia, torna a chiedere la liberalizzazione dei farmaci di fascia C, ovvero la possibilità che venga estesa la commercializzazione anche alle parafarmacie.

La manovra, secondo Ruggiero, «permetterebbe agli italiani un risparmio sulle loro spese sanitarie di circa 900 milioni di euro, l’apertura di circa 400 nuove aziende e la possibilità di 6000 nuovi posti di lavoro». Le Libere Parafarmacie Italiane per questo motivo avevano inviato un dossier al ministro della Salute, secondo la stessa associazione «apprezzato da tutta la categoria delle parafarmacie, esponendo un nuovo modello di welfare, rendendo le parafarmacie più inclusive tra le singole Asl, le Regioni e i Cittadini».

«Concedere alle parafarmacie, spiega Ruggiero, la possibilità di vendere i farmaci di fascia C, svolgere servizi come il Cup, distribuzione per conto prodotti sanitari, permetterebbe alle Regioni, Asl e allo Stato, enormi risparmi economici e il miglioramento dell’efficienza dei servizi».

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