fidelity-card-farmaciaVorrei qualche ragguaglio di carattere generale, anche dal punto di vista fiscale, sulle “carte fedeltà” e sul crescente utilizzo di iniziative promozionali di questo genere anche nelle farmacie”.

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Di questi tempi è un argomento ancor più sentito e merita quindi riproporlo approfonditamente.

Intanto, è certo che le iniziative promozionali e/o pubblicitarie che utilizzano il sistema della c.d. “carta fedeltà” (o fidelity card farmacia, come sempre più frequentemente si dice oggi) devono senza dubbio essere inquadrate tra le manifestazioni a premio disciplinate dall’art. 3 del D.P.R. 430/2001, secondo cui sono considerate operazioni a premio – tra le altre -“le offerte di premi a tutti coloro che acquistano un determinato quantitativo di prodotti o di servizi e ne offrono la documentazione raccogliendo o conservando un certo numero di prove documentali di acquisto (i punti accumulati sulla tessera…) anche su supporto magnetico (la fidelity card farmacia, per l’appunto, ma riteniamo che le cose non cambierebbero se quest’ultima fosse costituita da un più evoluto supporto elettronico).

Di tale opinione (che vanno cioè ricomprese tra le operazioni a premio tutte le iniziative promozionali tese alla fidelizzazione della clientela che subordinano il conferimento del premio alla dimostrazione di aver acquistato un certo quantitativo di prodotti…) è del resto anche il Ministero delle Attività Produttive (cfr. cir. 28/03/2002 n. 1/AMTC) che, per effetto della riforma portata a termine dal D.P.R. 430/2001, ha assunto la vigilanza e il controllo su queste iniziative in luogo del precedente Ministero delle Finanze.

Il premio, poi, può consistere anche nella possibilità di acquistare un prodotto o un servizio diversi da quello (o da quelli) oggetto della promozione dietro versamento di un contributo, che tuttavia non può superare il 75% del costo del prodotto o servizio sostenuto dal promotore dell’iniziativa (nel nostro caso, la farmacia) al netto dell’iva. Il limite del 75%, pertanto, si misura sul costo di acquisto del bene e non sul prezzo di vendita al pubblico; come è intuibile, il valore del premio – che in pratica finisce per tradursi in uno sconto – è dato dalla differenza tra il normale prezzo di vendita al pubblico del bene in questione e il contributo di spesa richiesto al cliente/consumatore.

Così, ad esempio, se l’iniziativa prevedesse – sempre subordinatamente al raggiungimento di un certo numero di prove d’acquisto – la possibilità di acquistare uno sfigmomanometro da polso pagato dalla farmacia per 100 euro al netto dell’ iva al proprio fornitore e proposto al pubblico a 150 euro (sempre al netto dell’Iva), e se il contributo richiesto fosse del 75%, il cliente per aggiudicarsi il premio dovrebbe sborsare (100 x 75%) = 75 euro, che diventerebbero, con l’aggiunta dell’iva al 20%, 90 euro, contro un prezzo “pieno” di cessione, sempre comprensivo di iva, di 180 euro ed uno sconto (“premio”) finale di (180‑90=) 90 euro.

Questo tipo di iniziative pubblicitarie è comunque soggetto – vale la pena tenerlo sempre presente – ad una serie di adempimenti stringenti.

Infatti, le imprese (tra cui le farmacie, naturalmente), qualora intendano svolgere operazioni a premio (assumendo così il ruolo di “promotori” della manifestazione stessa) devono, tra l’altro: a) redigere prima dell’inizio della manifestazione un apposito regolamento – “autocertificato” con dichiarazione sostitutiva di atto notorio – che garantisca la “trasparenza” della manifestazione a premi, nonché la pubblica fede dell’iniziativa e la parità di trattamento e di opportunità per tutti i partecipanti; b) versare una cauzione pari al 20 per cento del valore complessivo dei premi promessi; c) pubblicizzare adeguatamente la manifestazione presso la clientela.

Il Ministero delle Attività Produttive, inoltre, può eseguire controlli e verifiche – a campione o su segnalazione di soggetti interessati (attenzione ai diretti concorrenti sulla piazza…) – sul corretto svolgimento della manifestazione, irrogando sanzioni commisurate alla gravità della violazione.

Fidelity card farmacia, non valida per i farmaci

E’ ancora da rilevare, pur se si tratta di notazioni ormai ben conosciute, che, essendo interdette le iniziative il cui scopo sia favorire la conoscenza o la vendita di prodotti per i quali la legge vieta la pubblicità o altre forme di comunicazione commerciale (art. 8, comma 1, lett. d) del D.P.R. 430/2001), la fidelity card in farmacia non può evidentemente riguardare i prodotti farmaceutici o le specialità medicinali ed è quindi ammessa soltanto per il “parafarmaco” in genere e per i medicinali da automedicazione che non siano soggetti al divieto di pubblicità (in pratica, tra questi, i soli O.T.C.) oltreché, naturalmente, per tutti gli altri prodotti e/o servizi offerti.

Per quanto attiene agli aspetti fiscali dell’iniziativa, e segnatamente alle incombenze in materia di iva, chiariamo subito che non è ammessa in detrazione l’iva sui beni e servizi acquistati per essere offerti in premio; pertanto, se si offrono in premio prodotti della farmacia per i quali è già stata detratta l’iva al momento dell’acquisto, dovrà essere effettuata, al momento della consegna, una rettifica in diminuzione dell’iva a credito di importo pari all’imposta risultante dalle fatture d’acquisto dei beni consegnati; l’assegnazione dei beni in premio ai vincitori, invece, non dà luogo ad alcun adempimento ai fini dell’iva dato che queste operazioni si considerano cessioni escluse dal campo di applicazione del tributo, e dunque non sarà necessario emettere alcuna fattura, né battere alcuno scontrino e, ancor meno, versare una qualunque imposta.

In ordine invece ai premi consistenti in sconti di prodotti o servizi diversi da quelli oggetto della promozione (in pratica non inclusi nella “rosa” dei prodotti il cui acquisto fa “maturare punti”), tenuto conto che l’assegnazione del bene scontato non si considera, sia pure soltanto per la parte relativa al contributo versato dal consumatore, come “premio” ma come una vera e propria cessione soggetta ad iva, la rettifica dell’imposta deve operarsi conseguentemente per la sola quota-parte corrispondente al rapporto tra il contributo di spesa richiesto al cliente e il prezzo al pubblico del bene stesso; al momento della consegna del bene, però, dovrà essere battuto lo scontrino e/o emessa la fattura per l’importo pari al contributo incassato al lordo dell’iva, secondo l’aliquota propria del tipo di cessione.

Da quel che sia pur sinteticamente si è esposto sin qui, è evidente che l’iniziativa deve “valere la pena”, quantomeno in termini di ritorno pubblicitario e/o promozionale della nostra attività: stiamo parlando, infatti, di manifestazioni che, non a caso, sono promosse per lo più dagli esercizi della grande distribuzione al dettaglio (supermercati, ipermercati, ecc.), per i quali la notevole affluenza di pubblico “ammortizza” spesso di per sé i notevoli “carichi” economici e burocratici connessi ad operazioni del genere.

Per quanto riguarda in particolare le farmacie, per di più, sembrerebbe preferibile per varie ragioni affidare la promozione dell’esercizio ad attività meno onerose che peraltro, se ben organizzate e gestite, potrebbero consentire – in termini di “ritorno di immagine” – gli stessi risultati delle (ben più complesse) manifestazioni a premio.

Consideriamo altresì che vengono espressamente escluse – dalla disciplina delle operazioni a premio appena richiamata – attività promozionali quali: a) la concessione di sconti sul prezzo dei prodotti e servizi dello stesso genere di quelli acquistati (ove per “stesso genere”- come opportunamente avverte sempre il Ministero delle attività produttive – si deve intendere non necessariamente un prodotto identico a quello acquistato oggetto della promozione ma anche un bene che per caratteristiche merceologiche simili o elementi costitutivi comuni sia a questi fungibile), ovvero quantità aggiuntive dello stesso prodotto acquistato: il c.d. “compri tre, paghi due” (e pure in questo caso sono ammissibili anche prodotti dello stesso genere, pur se con differenze minime in ordine alla composizione, al formato e allo stato fisico); b) la distribuzione di oggetti di minimo valore quali gadgets (penne, calendari, ecc.) o campioncini, purché l’omaggio non sia condizionato all’acquisto di un determinato prodotto ovvero al sostenimento di una spesa minima in farmacia; c) le offerte di sconti su un prodotto di genere diverso da quelli acquistati purché non sia fatto alcunché per promuovere quest’ultimo e perciò, in altri termini, il prodotto offerto in sconto non deve essere quello “promosso” (diversamente torneremmo proprio all’operazione a premio di prima…) e, visto che sarà naturalmente il tenore della comunicazione dell’iniziativa promozionale al pubblico a determinare questa differenza, sarà bene porre attenzione al contenuto della stessa.

Concludiamo con un ultimo suggerimento: se proprio si vuole percorrere la strada dell’operazione a premio, sarà opportuno evitare in ogni caso pericolosi “fai da te” in una materia così complessa, affidandosi piuttosto ad agenzie specializzate professionalmente qualificate che garantiscano la riuscita dell’iniziativa nel pieno rispetto delle regole.

Dr. Franco Lucidi

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