fascia cIl 26 ottobre 2015 il quotidiano La Repubblica ha dedicato ampio spazio alla questione della concorrenza, con particolare riferimento all’iniziativa avviata da Conad, che ha deciso si lanciare una petizione online a favore della liberalizzazione dei farmaci di fascia C. Il giornale ha intervistato Francesco Pugliese, amministratore delegato della catena di supermercati, che ha spiegato come a suo avviso il quadro che, alla fine, emerge sia «desolante: è quello di un Paese in ostaggio di potenti lobby che cercano esclusivamente di assicurare, a qualunque prezzo, la propria sopravvivenza a detrimento degli italiani». Il dirigente ha poi aggiunto che «l’apertura dei mercati e il completamento delle liberalizzazioni sono occasioni per promuovere lo sviluppo dell’economia nazionale, far nascere nuove imprese, creare nuova occupazione e assicurare vantaggi ai cittadini (convenienza e servizi). A costo zero per lo Stato e la Pubblica amministrazione».
In un altro articolo, vengono poi riportate le dichiarazioni di Davide Gullotta, presidente della Federazione Nazionale Parafarmacie Italiane, secondo il quale «da una parte è stata bocciata la possibilità di vendere i farmaci di fascia C nelle parafarmacie, ovvero è stato vietato a dei laureati in Farmacia di svolgere la loro professione. Dall’altra è stata approvata una legge che consente a società di capitale di rilevare delle farmacie, eliminando tra l’altro il limite massimo di quattro; questo significa che si autorizza a diventare farmacista chi non è laureto nella materia, un vero paradosso». Gullotta ha quindi aggiunto che «la concorrenza verrà penalizzata perché le grandi catene di farmacie, come Walgreen Boots Alliance e Celesio, hanno le loro linee di farmaci generici, ed è ovvio che forzeranno la vendita di questi prodotti con conseguente danno per i consumatori che vedranno ridotta la concorrenza. Non mi aspettavo un atteggiamento del genere da un governo guidato dal Pd».
All’iniziativa di Conad ha risposto Federfarma, attraverso il proprio sito internet, parlando di «falsità e vecchi argomenti già confutati. Lo aveva fatto Coop nel 2005 sugli Otc, ci riprova ora Conad sulla fascia C. Tutta roba già sentita e, soprattutto, già smentita. I prezzi, per esempio: Conad spara percentuali di sconto come petardi, ma non avverte che questi dati fanno riferimento a una ristrettissima selezione di farmaci da banco, ossia a quelle pochissime referenze (circa 300) che tratta nelle sue parafarmacie. In realtà in questa classe di medicinali si contano in totale più di 2.200 prodotti, ma a Conad e ai suoi 97 corner Otc (un po’ pochi, nonostante l’insegna disponga di più di tremila punti vendita) interessano soltanto i prodotti al “top” delle vendite; alle farmacie, che invece sono 18 mila, preme invece assicurare la disponibilità del maggior numero di referenze possibile, perché l’obiettivo non è quello di fare prezzi “civetta” su qualche prodotto, ma garantire un servizio della massima rilevanza sociale».
Ancora, l’associazione di categoria spiega che «i numeri dicono che la liberalizzazione non ha portato agli italiani alcun risparmio. Lo ha già dimostrato qualche mese fa l’Aifa andando a prendere i dati – incontrovertibili – dell’Osmed, l’Osservatorio medicinali dell’Agenzia: nel 2008, 18 mesi dopo la lenzuolata di Bersani, la spesa per Sop e Otc ha toccato i 2 miliardi di euro per un totale di 311 milioni di confezioni consumate; tre anni più tardi, nel 2011, la spesa è cresciuta a 2,1 miliardi e le confezioni consumate sono calate a 300 milioni». «Alla fine, dunque – conclude Federfarma – i dati di Conad dimostrano soltanto qual è l’uso che la grande distribuzione farebbe dei farmaci di fascia C con ricetta: delle 3.800 referenze che compongono la categoria, finirebbe nei corner del gruppo soltanto qualche centinaio di prodotti, il minimo sufficiente a “strillare” l’offerta e abbagliare la clientela, ma non a garantire tutti i bisogni terapeutici degli italiani».

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