donazione-modale-di-farmaciaIntendo trasferire quanto prima la farmacia a mio figlio ricorrendo, secondo il vs/giudizio, a una donazione, ma riservandomi un vitalizio. Ho però altri due figli non farmacisti e tutti e tre, oltre a mio marito, sono attualmente in impresa familiare e vorrei perciò qualche suggerimento anche sul modo di liquidarli.

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Una volta risolto il problema – per la verità molto complicato, specie con riguardo agli incrementi aziendali e ancor più all’avviamento della farmacia – della determinazione dei diritti maturati da ogni partecipe all’impresa familiare (che è ovviamente destinata a cessare al trasferimento della farmacia), un modo di liquidazione sarebbe certo quello di corrisponderne l’importo direttamente a ciascuno di loro, sia pure secondo tempi di pagamento compatibili il più possibile con le esigenze finanziarie di tutti.
Potrebbe però trattarsi di una soluzione per Lei (non più infatti… titolare di una farmacia) eccessivamente onerosa e quindi rivelarsi meglio praticabile quella di porre invece l’obbligo di liquidazione a carico del donatario, e configurandolo come un onere modale (che, lo ricordiamo, si risolve in un “peso” che diminuisce il valore della liberalità).
In tal caso, si tratterebbe perciò di un secondo onere modale (perché l’altro – come è indicato nel quesito – sarebbe rappresentato dalla costituzione di un vitalizio a Suo favore), anche se naturalmente le modalità di corresponsione di tali somme dovrebbero essere anche qui, per ovvie ragioni, opportunamente coniugate, in particolare, con la capacità reddituale della farmacia.
Inoltre, sia nella prima soluzione (sostenere l’onere personalmente), che nella seconda (“triangolare” sul figlio farmacista), sarebbe comunque opportuno – proprio considerata l’estrema difficoltà che caratterizza generalmente, come accennato, la determinazione delle somme spettanti ai familiari “uscenti” – che tra Lei e questi ultimi intervenisse, in un atto separato o nella stessa donazione modale, un’intesa diretta alla definizione transattiva dell’ammontare del credito di ognuno, così da evitare altresì l’insorgere in futuro (perciò anche tra i Suoi familiari in veste di… eredi) di pretese fondate appunto sulla decorsa i.f. con Lei.
E però, attenzione, se poste a carico del figlio farmacista, le somme riconosciute agli altri tre familiari riducono di pari importo il valore della donazione, come parimenti lo riducono sia il valore del vitalizio (determinato moltiplicando il suo ammontare annuo per un certo coefficiente) e sia l’ammontare del credito maturato nei Suoi confronti dallo stesso donatario per aver anch’egli partecipato all’impresa familiare (e che dunque sarebbe bene figurasse anch’esso nel rogito in diminuzione della liberalità).
In definitiva, perciò, tra quei due possibili modi di liquidazione dei diritti dei collaboratori familiari, ci pare che perlopiù (dipende soprattutto dal “netto donato” che nel concreto ne deriva e anche dalla consistenza dei beni diversi dalla farmacia di cui si sia disposto in vita, o si disponga in via testamentaria, a favore degli altri legittimari), si lasci preferire il secondo, quello dell’ulteriore onere modale innestato nella donazione della farmacia, perché potrebbe ridurre considerevolmente il valore finale della liberalità semplificando molto le cose in sede successoria.
Ma approfondire tale ultimo profilo – molto ampio e delicato – esorbiterebbe dai limiti di queste note.

(gustavo bacigalupo)

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