Conviene aspettare il 2023 per “aggiornare” le vending machine? A farsi questa domanda sono molti titolari i quali in questi giorni stanno decidendo il da farsi sull’eventuale aggiornamento dei distributori considerati “obsoleti”. Silvia Di Domenico, commercialista responsabile dello Studio SDD in Roma, ha elaborato una serie di considerazioni. L’esperta ha sottolineato che «dicembre è arrivato, dopo la giornata delle “grandi manovre” in tema di scadenze e invio delle dichiarazioni fiscali, con tanto di colpo di scena finale: il rinvio, sul filo di lana, a gennaio 2023 dell’invio della autocertificazione aiuti, annunciato durante la giornata del 29 novembre, a un giorno esatto dalla scadenza». Secondo Di Domenico «è già iniziato, per i più, il conto alla rovescia per la fine dell’anno. Mentre, tra studi commerciali e imprese, si iniziano ad approcciare i contenuti e le disposizioni della prossima Legge di Bilancio, il cui disegno di legge predisposto dal Governo è stato presentato in via ufficiale alle Camere il primo dicembre scorso».

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Periodo dell’anno dedicato al punto della situazione

Di Domenico sottolinea come «questo periodo è anche dedicato, anno per anno, a fare il punto della situazione di normative e adempimenti “in scadenza” perché non più accessibili con l’arrivo del periodo di imposta successivo e a una lunga serie di calcoli di convenienza o opportunità circa l’effettuazione di operazioni e attività che possano essere interessate dal passaggio a cambi di regolamentazione e di regole». In tale ottica «non possiamo non parlare dei distributori automatici per farmacie». Secondo l’esperta «dal punto di vista fiscale, tali dispositivi sono stati inclusi nella platea degli obbligati alla trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate molto prima delle farmacie stesse. Tale processo era stato denominato dalla stessa Agenzia delle Entrate di “fiscalizzazione graduale” – specifiche tecniche Provvedimento del 30 marzo 2017 – e aveva previsto una prima fase transitoria, in corso dal 1 aprile 2017 al 31 dicembre 2022, che ha previsto una partenza differenziata in base alla tipologia di distributore».

Trasmissione dei corrispettivi telematici per i distributori automatici

Di Domenico ricorda che «come previsto dall’art. 2, comma 2 del D.Lgs. 5 maggio 2016, numero 127, la trasmissione dei corrispettivi telematici per i distributori automatici dotati di una “porta di comunicazione” è partita dal 1 aprile 2017 mentre provvederà un successivo provvedimento a spostarla al 1 agosto 2017 per quelli che ne erano sprovvisti. In un’ottica di “garantire un passaggio economicamente e tecnicamente sostenibile al nuovo regime” – leggasi di dismissione del vecchio distributore e acquisto di quello nuovo – ai distributori non provvisti di porta di comunicazione per l’invio dei corrispettivi è stato così consentito che la memorizzazione e l’invio dei dati avvenisse per il tramite di dispositivi mobili come i cellulari. Ciò che ha dato luogo, ad esempio, alla realizzazione di applicazioni specificamente studiate da produttori di software e aziende fornitrici».

La durata del regime transitorio

Quanto alla durata della “fase provvisoria”, secondo Di Domenico «non è stata di certo trascurabile: in ambito fiscale un periodo di cinque anni potrebbe essere considerato quasi un’eternità. Ma nel frattempo gli operatori economici coinvolti, non solo i gestori ma anche le ditte produttrici e fornitrici, hanno attraversato due anni e più di pandemia e crisi economica successiva conseguente alla guerra. Sono quindi iniziate a circolare proposte di proroga e notizie di interlocuzioni intraprese a tal fine con l’Amministrazione Finanziaria. A poco meno di un mese al passaggio alla fase a regime, che prevede che tutti i distributori in funzione non solo siano dotati di porta di comunicazione, ma siamo anche in grado di effettuare la memorizzazione dei dati e il successivo invio, è arrivato, ancora una volta, sul filo di lana un nuovo slittamento del termine di un altro anno». Inoltre «in tale situazione, peraltro non inconsueta come accennato all’inizio delle presenti note, consideriamo rilevante richiamare un aspetto non trascurabile che potrà orientare gli operatori verso una condotta non attendista».

Le vending machines “connesse”

In particolare, infatti, molte delle moderne vending machines, se interconnesse con i sistemi gestionali utilizzati dall’azienda proprietaria del dispositivo, possono a pieno diritto rientrare tra gli investimenti in Beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati di cui all’allegato A, della Legge Numero 232 dell’11 dicembre 2016, legge che ha regolamentato in passato l’iper-ammortamento, e si occupa, attualmente, della Transizione 4.0. L’esperta ricorda che «si tratta di un credito d’imposta, utilizzabile in compensazione in tre quote annuali di pari importo, che deriva dall’applicazione delle differenti percentuali previste sul valore dell’investimento. Queste le tre aliquote applicabili: il 40% del valore degli investimenti fino a 2,5 milioni, il 20% del valore degli investimenti oltre 2,5 milioni e fino a 10 milioni e il 10% del valore degli investimenti da 10 a 20 milioni».

Come accedere al beneficio fiscale

Per accedere al beneficio Di Domenico ricorda che «le imprese sono tenute a produrre una perizia tecnica asseverata rilasciata da un ingegnere o da un perito industriale iscritti nei rispettivi albi professionali o un attestato di conformità rilasciato da un ente di certificazione accreditato, che certifichi le caratteristiche tecniche richieste dagli elenchi contenuti negli allegati A e B, e che inoltre i dispositivi risultino interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura. Per i beni con costo unitario di acquisizione non superiore a € 300.000, tale perizia potrà essere sostituita da una dichiarazione resa dal legale rappresentante o titolare dell’impresa che effettua l’investimento».

Le variazioni dal 2023

A normativa vigente, le percentuali citate dall’01.01.2023 varieranno, risultando dimezzate. In particolare «20% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro, 10% del costo per la quota di investimenti oltre i 2,5 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 10 milioni di euro e 5% del costo per la quota di investimenti tra i 10 milioni di euro e fino al limite di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di euro e saranno applicate, salvo modifiche, per il triennio 2023-2025». Dunque, alla luce di quanto evidenziato «l’indicazione, quindi, per coloro che detengano distributori automatici di vecchia generazione, è quella di valutare una sostituzione, potendo usufruire di un credito di imposta per l’accesso al quale occorre, perizia o dichiarazione sostitutiva a parte, una comunicazione all’ex Mise, oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy».

La cumulabilità del beneficio fiscale

Il beneficio fiscale «è cumulabile anche con il credito d’imposta del Mezzogiorno, previsto nel 45% del costo sostenuto, da utilizzare in compensazione tramite F24». In più «con l’obiettivo di supportare e incentivare imprese che investono nel Mezzogiorno, la misura riguarda titolari di reddito d’impresa che effettuano investimenti in beni strumentali da destinare alle aree produttive con sede in Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna, Abruzzo, a prescindere dalla natura giuridica e dimensione e indipendentemente dal settore economico in cui operano (unica eccezione il settore dei traporti, che risulta escluso). La misura del credito d’imposta varia, però, in base alle dimensioni dell’impresa, 45% per le piccole imprese, 35% per le medie imprese, e 25% per le grandi imprese. In tal caso «per accedere al beneficio, occorre presentare all’Agenzia delle Entrate un modello di domanda nel quale indicare i dati degli investimenti agevolabili. Il successivo provvedimento di autorizzazione sarà poi rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, dopo aver verificato i dati dichiarati nella documentazione fornita. Gli investimenti agevolabili sono quelli in beni che siano strumentali all’attività dell’impresa e facciano parte del ciclo produttivo aziendale, che siano nuovi acquistati direttamente o tramite leasing con opzione di acquisto al termine del contratto». Infine «il Credito del Mezzogiorno è applicabile su investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2022». Dunque, alla luce di quanto evidenziato, «a conti (ben) fatti, un’anticipazione dei tempi di adeguamento può portare, tramite l’accesso alle due misure fiscali richiamate, a un risparmio di circa il 64% dell’investimento effettuato».

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