Aumento significativo dell’aderenza al piano di cura individuale, riduzione dei tempi di attesa ed esiti clinici migliorati. Sono in sintesi i risultati dello studio “A new case manager for diabetic patients: a pilot observational study of the role of community pharmacists and pharmacy services in the case management of diabetic patients”, portato a termine da diversi autori tra cui i farmacisti Raffaele La Regina, Dario Pandolfi e Nicola Stabile, e pubblicato sulla rivista scientifica Pharmacy, in collaborazione con Federfarma Campania, Federfarma Salerno, Health Telematic Network srl, Biochemical Systems International spa e Next Sight srl. La ricerca, di cui FarmaciaVirtuale.it aveva dato notizia, dimostra come l’intervento dei farmacisti territoriali possa avere una ripercussione positiva sulla riduzione dei costi sanitari.
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Il ruolo dei farmacisti sul territorio
Tra gli obiettivi principali del lavoro, quello di valutare il nuovo potenziale ruolo e l’utilità dei farmacisti territoriali per fronteggiare una serie di problemi a cui solitamente vanno in contro i pazienti diabetici. Tra questi, l’aderenza al piano di cura individuale con conseguente deterioramento delle condizioni di salute dell’assistito. Situazione aggravata dalle diverse condizioni legate al territorio tra cui la scarsa integrazione delle articolazioni del percorso, bassa riconciliazione con la vita del paziente o anche mancanza di una persona di riferimento costante.
I farmacisti nelle vesti di “case manager”
Per validare le loro ipotesi, i ricercatori hanno arruolato un campione di 40 pazienti presi in carico da una farmacia rurale, acquisendone i dati clinici in formato elettronico e confrontandoli rispetto a una coorte storica. I farmacisti, nelle vesti di “case manager”, hanno così seguito i pazienti nello svolgimento del piano di cura individuale sviluppato dal medico curante, sotto la supervisione di un medico specialista. Ciò mediante l’integrazione di alcune attività praticate direttamente nei locali della farmacia, come elettrocardiogramma, esame del fondo oculare, autoanalisi del sangue e delle urine, mediante l’utilizzo di servizi di telemedicina e unità Point of care (Poc). Per le attività che non potevano essere svolte in farmacia, esse sono state prenotate dal farmacista presso le unità accreditate. Tutto ciò informando il medico curante e comunicando in tempo reale i dati acquisiti.
La Regina: «Pazienti migliorano i loro outcame clinici»
«I risultati emersi ci hanno dato pienamente ragione: l’aderenza, nostro endpoint primario, è giunta al 98%, sia all’interno che all’esterno della farmacia, includendo cioè anche quelle prestazioni effettuate negli ambulatori distrettuali esterni», spiega Raffaele La Regina, principale autore dello studio. «Il fatto che un paziente abbia una figura di riferimento – evidenzia La Regina – fa sì che gli assistiti migliorino effettivamente i loro outcome clinici. È emblematico il caso di una paziente complessa, con emoglobina glicata pari a 19, che grazie all’intervento del farmacista è stata ridotta a 7. Tutto ciò mediante il ruolo cruciale del medico curante e del medico specialista, integrati a pieno nel modello utilizzato».
L’impatto sulla riduzione dei costi del Ssn
Quanto all’impatto sui costi del Servizio sanitario nazionale, La Regina evidenzia che «facendo un lavoro di squadra è possibile giungere a risultati concreti, migliorando la vita dei pazienti e allo stesso tempo alleggerendo il carico sul sistema sanitario, ove la patologia dei pazienti presi in carico vada fuori controllo. Se si ha un monitoraggio costante del paziente – conclude La Regina – nei primi mesi di presa in carico si osserva un incremento dei costi che tuttavia si riducono di circa 10mila euro all’anno nel momento in cui quello stesso paziente non genera alcun contatto sul sistema». Per questo motivo, conclude La Regina, «al farmacista andrebbe riconosciuto questo ruolo e pagato per il servizio di case manager oltre che per le prestazioni che eroga».
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