Gran parte degli emendamenti approvati dalle commissioni riunite, tra cui quelli per le farmacie, sono stati dichiarati «improponibili» per via della non conformità alla «ratio dominante» del decreto-legge. Già nelle prime ore di lunedì 28 gennaio, secondo quanto riportato dal Sole 24 Ore Radiocor, citando fonti parlamentari, «la decisione sarebbe maturata nella maggioranza dopo l’indicazione informale da parte del Quirinale che la disomogeneità delle norme avrebbe potuto non avere la firma del Presidente della Repubblica». Alla ripresa della discussione del disegno di legge n. 989, nella seduta pomeridiana, «sono state ritenute estranee all’oggetto del decreto-legge le proposte di modifica recanti disposizioni che non si traducono in misure di semplificazione o sostegno, ovvero che non siano riconducibili ad uno dei contenuti già disciplinati dal decreto-legge o alla sua ratio complessiva». Parte degli emendamenti «resistiti» ai lavori svolti dalle commissioni Affari Costituzionali e Lavori Pubblici, terminano quindi al Senato la loro corsa, sebbene potrebbero comunque essere recuperati in un disegno di legge di iniziativa parlamentare.
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Nel corso del dibattito in Aula diversi sono stati i riferimenti alle farmacie. Renato Schifani, del gruppo Forza Italia-Berlusconi presidente, riferendosi all’articolo 9 del testo, si è chiesto quale fosse la «finalità, sforzandomi di trovare una compatibilità tra le modifiche approvate in Commissione, nonostante palesemente inammissibili, e la funzione del decreto, perché la Corte quando il provvedimento è omnibus, come lo è questo, si pone il problema anche della compatibilità eventuale degli emendamenti con il fine ultimo del decreto». Isabella Rauti, del gruppo Fratelli d’Italia, citando tra le altre, le norme relative alle farmacie, ha sottolineato come il Governo debba darsi delle priorità oltre che «snellire il provvedimento, dare allo stesso maggiore omogeneità e soprattutto in questa scelta delle priorità, se volete che il decreto passi e venga firmato, dovete smetterla di inserire norme per rincorrere sostanzialmente alcune fette di elettorato, peraltro difforme all’interno della maggioranza». All’intervento di Rauti è seguito quello di Adolfo Urso, del medesimo gruppo parlamentare, definendo il decreto “complicazione”, citando tra le altre anche le farmacie. Infine, Patrizio Giacomo La Pietra, sempre del gruppo Fratelli d’Italia, tira in ballo, tra le altre, le farmacie: «Penso alla moratoria ai permessi di ricerca ed estrazione di gas e petrolio; penso all’emendamento riguardante le imprese che si occupano di economia circolare, a quello su taxi e NCC o a quello dei 5 Stelle con nuovi vincoli per il settore farmaceutico (sarete anche il movimento del popolo, ma di fatto servite le multinazionali farmaceutiche)».
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