libere parafarmacieDopo la denuncia dell’Autorità Garante della Concorrenza, che – come riportato da FarmaciaVirtuale.it – ha fatto sapere che «nel corso degli ultimi mesi sono pervenute diverse segnalazioni inerenti distorsioni concorrenziali nell’ambito dei servizi di prenotazione di visite mediche specialistiche tramite CUP e di ritiro dei referti, con particolare riferimento alla possibilità per le parafarmacie di offrire detti servizi», è arrivato il commento delle Libere Parafarmacie Italiane.
Il presidente dell’associazione Ivan Giuseppe Ruggiero ha citato una parte delle affermazioni dell’Autorità, ed in particolare il passaggio nel quale si afferma che «escludere alle parafarmacie la possibilità, riconosciuta alle farmacie, di offrire servizi (quali il servizio CUP o il servizio ritiro del referto) idonei ad ampliare la gamma dei servizi offerti e conseguentemente ad attrarre maggiore clientela presso il proprio punto vendita, risulta lesivo delle norme e dei principi a tutela della concorrenza. L’esclusione delle parafarmacie dall’esercizio di tali attività rappresenta, infatti, un comportamento idoneo a determinare per queste ultime un ingiustificato svantaggio concorrenziale rispetto alle farmacie». Ciò significa, secondo il presidente delle LPI, «che a livello nazionale, le regioni e le Asl non possono ignorare le indicazioni del Garante. La nostra associazione ha invitato il ministero della Salute a fornire spiegazioni sui motivi per cui i vari decreti inerenti i servizi in farmacia, non nominino le parafarmacie. Un fatto che ha creato confusione a chi era deputato a interpretare i decreti stessi. Ci auguriamo che il ministero, perciò, chiarisca in una nota ad hoc il fatto che nei decreti in questione sono in realtà incluse anche le parafarmacie».
«I professionisti titolari di parafarmacia, che sono farmacisti allo stesso modo dei titolari di farmacia – ha concluso il presidente delle LPI -, devono poter contare su leggi che non li discriminino». Né devono trovarsi costretti ad affrontare situazioni tali «da risultare in conflitto con le norme e i principi che tutelano la concorrenza».

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