«Nel solo 2018 si sono cancellati dagli ordini dei farmacisti italiani 2474 colleghi al di sotto dei 60 anni su un totale di circa 90.000 iscritti. Sicuramente la norma “perdita bonus disoccupati” ha inciso in maniera determinate sui numeri. Ogni anno si iscrivono all’albo mediamente 4.000 nuovi laureati, mentre il fabbisogno si attesta (dati 2016) su 1.300 circa laureati. Si assiste quindi all’ingresso nella professione da parte di molti neolaureati, ma anche all’allontanamento di numerosi iscritti. Sono molti i giovani farmacisti che emigrano all’estero In quest’ottica è inammissibile la contribuzione silente causata dalla non restituzione dei contributi». È quanto evidenzia il gruppo Farmacisti uniti per l’abolizione dell’Enpaf, già promotore di diverse iniziative contro il sistema previdenziale dei farmacisti, tra cui il lancio lo scorso maggio del portale www.noenpaf.it. Nello specifico, il collettivo evidenzia che «Enpaf ha deciso nel 2003 la non restituzione dei contributi versati in assenza dei requisiti all’età pensionabile e ha contemporaneamente e astutamente introdotto la possibilità del contributo di solidarietà per i dipendenti e disoccupati iscritti dopo il 2004. Succede che molti giovani pagano per i primi anni la quota al 15% e poi passano alla solidarietà».
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Secondo la sigla, questo si traduce nell’incasso, da parte dell’Ente, di «contributi silenti sottratti ai giovani». Tali quote, evidenzia, «essendo coincidenti con quelli INPS non sono né cumulabili né totalizzabili». Ne consegue che «i farmacisti dipendenti o disoccupati che pagano la quota al 15% o al 50% senza 30 anni di versamenti perdono quanto versato ad Enpaf raggiunta l’età pensionabile. E’ evidente quindi che il regolamento Enpaf è una macchina per l’espulsione dalla categoria dei disoccupati e precari con sottrazione loro di denaro in moltissimi casi». Dunque, l’appello della sigla: «La mission delle casse di previdenza “dovrebbe” essere quella di fornire tutela ai loro iscritti».
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