«In Italia sto veramente combattendo per cercare di portare l’e-commerce. Noi siamo nelle farmacie perché in Italia sai, le farmacie sono importanti». E ancora: «È importante per la distribuzione ma anche per la credibilità, perché io vendo integratori e gli integratori devi avere una grande credibilità per far si che le persone mandino giù delle pastiglie. Anche se sono completamente naturali. Ci vuole una storia, un know how e quindi le farmacie sono molto importanti per me. Ma io voglio veramente spingere tanto sul web e vorrei che il mio core business diventasse un e-commerce». Sono le parole di Michelle Hunziker, pronunciate in un video pubblicato il 19 maggio 2019 su YouTube, che hanno provocato una serie di reazioni a catena scatenando l’indignazione di numerosi farmacisti i quali, di fronte a tali dichiarazioni, hanno intrapreso diverse azioni di rimostranza nei confronti di Artsana Spa, partner del progetto imprenditoriale che vede coinvolta la showgirl e la commercializzazione dei prodotti a marchio “Goovi”.

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Tra le prime reazioni, dopo Michele Di Iorio, presidente di Federfarma Napoli, quella organizzata dagli iscritti del gruppo social “Pillole di informazione – Riservato ai titolari di farmacia”, che hanno affidato ad una lettera da inviare in massa via email o fax, in segno di protesta. Nello specifico, i farmacisti contestano «la premeditazione di sfruttamento della credibilità, con carattere offensivo, altamente opportunistico e riduttivo della professione del farmacista, ed ancora offensivo per gli individui definiti semplicisticamente come meri ingeritori di pastiglie “completamente naturali” (anche la marijuana o la cocaina sono completamente naturali)». A ciò si aggiunge, si legge nella missiva, «il carattere opportunistico con cui si rivolge alla vostra partnership: «Quando ho pensato di fare questo progetto, se sei solo non ce la puoi fare. Devi avere alle spalle della gente che sa e che ha know how. In realtà avrei potuto partire anche da sola però è molto più difficile. In questa maniera partiamo già con una grande credibilità» che lascia presagire uno squallido “mordi e fuggi” ovvero una futura fuga verso la distribuzione on line con un conseguente danno d’immagine ed economico per le farmacie che avete rifornito tramite la vostra rete vendita. Non vale la pena infatti perdere tempo nel dare credibilità ad una nuova azienda che ha già in programma la vendita sul web e magari offrirà anche la consulenza di dr. Google ai suoi clienti, disdegnando (evidentemente in un secondo momento) la professionalità del farmacista».

«È evidente – prosegue la nota -, infatti, l’intento dell’imprenditore di sfruttare la credibilità che offrirebbe l’offerta del prodotto tramite gli scaffali di una farmacia, per poi procedere in una seconda fase alla vendita via web. Ritengo irrispettosa tale (si dica legittima) strategia commerciale, perché viola gli storici rapporti della Vostra azienda con il mondo della farmacia territoriale: è prevedibile che dopo una prima fase (non si sa quanto produttiva), la singola farmacia rischierebbe di subire – come già ora in altri ambiti – la concorrenza del mercato web in un settore di mercato che, per paradosso, ella stessa ha provveduto a lanciare, trovandosi (peraltro) lo stesso prodotto a giacere invenduto sugli scaffali». Da qui, il riferimento alla cessazione di ogni rapporto: «Ritengo, pertanto, personalmente irrealizzabile qualunque forma di collaborazione con la Goovi».

È utile evidenziare che tale reazione, sia per coinvolgimento che intensità, è senza dubbio un’iniziativa che nel mondo della farmacia non ha precedenti. Rischiando addirittura di sollevare il coperchio su una problematica spesso discussa, tuttavia mai sufficientemente affrontata. Ovvero, l’utilizzo che molte aziende farebbero dell’autorità ed autorevolezza dei farmacisti territoriali, nei confronti dei pazienti, al fine di posizionare commercialmente prodotti probabilmente commercializzati su altri canali o modalità, penalizzando quindi lo sforzo culturale e professionale che i professionisti hanno investito nella crescita del marchio. Vero è che, per quanto sia una pratica da anni impiegata nel mondo della farmacia, l’unica “colpa” della showgirl è di aver espresso con estrema sincerità e trasparenza i dettagli della strategia commerciale utilizzata. Cosa che, contrariamente, non si è portata all’evidenza nelle decine di altre aziende che sfrutterebbero il marchio “farmacia”, al fine di portare al suo interno nuovi mercati, per poi abbandonarla.

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