«L’Italia detiene il triste primato nell’Unione europea in materia di decessi causati dalla resistenza dei batteri agli antibiotici. Più delle vittime causate dagli incidenti stradali. Una vera e propria emergenza che deve essere affrontata come tale». Ed è per questo che «non sono più sufficienti i “manifesti” d’intenti o le “giornate” della sensibilizzazione». A spiegarlo è Fabio Romiti, vice-presidente del Movimento Nazionale Liberi Farmacisti (MNLF), secondo il quale è necessario «bloccare le ipocrisie» ed agire «prima che il problema diventi ancora più grande e con ripercussioni economiche e sociali».
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Il dirigente ricorda in questo senso che, entro il 2050, secondo le cifre diffuse dalle Nazioni unite, ogni anno saranno 10.000 i morti in Italia, 33.000 in Europa, 10 milioni nel mondo. Ma cosa fare, concretamente? «Per passare all’azione – prosegue Romiti – bisogna abbandonare le ipocrisie, buone per le tavole rotonde o i convegni, ma del tutto insufficienti ad affrontare il problema. Il farmaco, qualsiasi farmaco, oggi può essere tracciato lungo tutta la filiera, non bisogna fare indagini raffinate: basta leggere i dati che produttori, distributori intermedi e finali debbono conservare e mettere a disposizione».
Inoltre, secondo Romiti, occorre focalizzare l’attenzione sui medici: «Possono essere utili le campagne di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini, ma sono i professionisti della salute che devono essere monitorati perché ben consapevoli dei rischi a cui sottopongono la collettività con l’uso sbagliato degli antibiotici». Utile sarebbe poi «l’adozione della ricetta digitale per tutte le prescrizioni ripetibili e non ripetibili, quelle fuori dal controllo del SSN. Un nuovo sistema di prescrizione a basso costo che, come avvenuto per la digitalizzazione della ricetta veterinaria, permetterebbe di seguire con ancor più precisione tutti i farmaci nel loro percorso finale, eliminando alla fonte il “fai da te” e la consegna di antibiotici senza la prescrizione del medico». Infine, Romiti è favorevole alla «diffusione di test diagnostici di prima istanza, come ad esempio quello per lo streptococco, presso studi medici, farmacie e parafarmacie, sarebbe utili al fine di evitare scelte errate».
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