È stato presentato il 18 novembre 2019 il rapporto intitolato “Surveillance of antimicrobial resistance in Europe”, redatto dallo European Centre for Disease Prevention and Control, in materia di antibiotico-resistenza. Il documento prende in considerazione le realtà di 30 tra Paesi membri dell’Unione europea o appartenenti allo Spazio economico europeo, per l’anno 2018.

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«Come negli anni precedenti – si legge nel testo – il fenomeno dell’antibiotico-resistenza mostra ampie differenze in Europa in funzione del tipo di batteri, dei gruppi di antibiotici o della regione geografica. Per numerose combinazioni, da un lato, di batteri, e dall’altro gruppo di antibiotici, è evidente l’esistenza di un gradiente Nord-Sud e Est-Ovest. In generale nei Paesi settentrionali vengono registrate percentuali di resistenza più basse, mentre quelle più alte sono quelle che si riscontrano nelle aree meridionali e orientali. L’alta variabilità del fenomeno conferma la necessità di investimenti per rafforzare le buone pratiche». Lo European Centre for Disease Prevention and Control spiega quindi che, «nel 2018, più della metà dei batteri Escherichia coli e più di un terzo dei Klebsiella pneumoniae hanno mostrato una resistenza ad almeno un gruppo di antibiotici. E anche quella combinata a più gruppi è risultata frequente».

Al contrario, «la resistenza ai carbapenemi è risultata più rara», ma per essa «i Paesi che hanno riscontrato i tassi più alti sono gli stessi che hanno riscontrato le percentuali più importanti di resistenza anche agli altri gruppi di antibiotici». Per quanto riguarda poi lo Streptococcus pneumoniae, «i casi di resistenza appaiono stabili, ma con ampie differenze tra Stato e Stato». Mentre per quanto riguarda lo stafilococco aureo, il declino della quota di casi di resistenza alla meticillina, registrato negli anni precedenti, è continuato anche nel 2018. Ciò nonostante, esso rimane un importante patogeno nei Paesi oggetto dell’analisi».

Il rapporto sottolinea poi che uno degli elementi di particolare preoccupazione è legato all’aumento della quota di batteri Enterococcus faecalis resistenti alla vancomicina: si è passati dal 10,5% del 2015 al 17,3% del 2018. In questo caso, tuttavia, non sono state evidenziate grandi differenze dal punto di vista geografico. Infine, nel testo si sottolinea che «gli alti livelli di resistenza agli antibiotici indicano che il fenomeno resta una seria sfida per l’Unione europea. È chiaro che nonostante gli impegni l’azione dei sistemi sanitari pubblici per contrastarlo non sono sufficienti».

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