Marino Mascheroni, prorettore dell’Unimeier, ha realizzato l’analisi “La valutazione di quote di partecipazione in società titolari di farmacia oggetto di precedente donazione ai fini della valutazione della violazione di legittima”. Come si legge nel testo, il fine del documento è quello di «verificare se, deceduto il donante, la donazione abbia determinato la lesione del diritto dei legittimari a conseguire, ai sensi degli artt. 536 e ss, la propria quota di legittima. Tutto ciò è particolarmente ricorrente nel caso di donazione di quote di società titolare di farmacia, in quanto il tema non riguarda solo le donazioni tipiche, ma anche le donazioni indirette che sono gli atti che producono gli effetti economici propri della donazione, pur non essendo donazioni sotto l’aspetto tecnico giuridico. L’argomentazione che ivi si vuole trattare riguarda la valutazione delle quote partecipative oggetto proprio di precedenti donazioni ai fini della valutazione della lesione di quota legittima in caso di morte del donante».

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La collazione ereditaria. Per analizzare il caso sopra citato, occorre comprendere la definizione di “collazione ereditaria”. Come spiega il testo, «la collazione è l’atto con il quale taluni soggetti (figli legittimi e naturali e loro discendenti legittimi e naturali, nonché il coniuge), che abbiamo accettato l’eredità, conferiscono nell’asse ereditario quanto hanno ricevuto dal defunto in vita per donazione». Come stabilisce l’art. 750 c.c., la collazione di beni mobili, in cui rientrano le quote di partecipazione, può essere effettuata esclusivamente per imputazione e la loro valutazione deve essere eseguita al momento dell’apertura della successione. «In questo specifico caso, quindi – si precisa nell’analisi – dovrà procedersi a imputazione sulla base del valore che la quota ha al tempo di apertura della successione (Cassazione Civile, sentenza n. 20258/2014). La valutazione della quota sociale deve essere operata ai sensi dell’articolo 2289 cod. civ., tenuto conto del valore dell’avviamento e, secondo una stima di ragionevole prudenza, della futura redditività dell’azienda, considerato che la norma, facendo riferimento allo scioglimento del rapporto nei confronti di un solo socio, presuppone “la continuazione dell’attività sociale che non può riferirsi solo a un compendio statico e disaggregato di beni, ma deve essere valutata anche avuto riguardo alla sua fisiologica e naturale propensione verso il futuro”».

Il caso della farmacia. Alla luce di quanto esposto finora, l’analisi passa a esaminare il caso specifico della farmacia, osservando che «la farmacia o le quote partecipative di società titolari, come in qualsiasi altra azienda, possono ben essere oggetto di significative trasformazioni nel corso del tempo a cagione di operazioni straordinarie, trasformazioni in genere, ampliamento dell’attività sociale, maggiori capacità imprenditoriali del donatario rispetto al donante fino all’estinzione che potrebbe avvenire con la vendita dell’azienda o il fallimento societario. Chi ha ricevuto le partecipazioni in donazione è esposto al grave rischio di vedere attribuito all’azienda (o alle partecipazioni) un maggior valore estrinseco e i coeredi, di contro, sono esposti al rischio di vedere attribuito un valore nullo all’azienda estinta, anche a causa dell’incapacità gestionale del loro congiunto e donatario le partecipazioni aziendali, vieppiù che nella realtà della farmacia le regole estimative a differenza di altre azienda sono estremamente soggette a fluttuazioni significative nel breve periodo».

La valutazione delle quote. Data la complessità della questione, Mascheroni suggerisce di seguire la dottrina di A. Busani e D. Rossi “Stima di valore dell’azienda donata ai fini della riunione fittizia” che, come spiega il prorettore suggerisce di «fotografare l’azienda al momento in cui la donazione venne stipulata ipotizzando però che quella fotografia rappresenti ancora l’azienda donata a momento dell’apertura della successione mortis causa del donante, cioè a meglio dire si deve valutare quel perimetro che esso ipoteticamente avrebbe avuto se fosse un perimetro sussistente al momento dell’apertura della successione».

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