spesa farmaceuticaLa spesa farmaceutica in Italia è in costante aumento ed è sempre più difficile da contenere. A spiegarlo è la Sifo, Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi territoriali delle aziende sanitarie, che in vista del suo trentasettesimo congresso nazionale, che si svolgerà a Milano dall’1 al 4 dicembre, fa il punto su quella che rappresenta una delle voci che più incidono sul fondo sanitario.
«Nel corso del 2015 – spiega l’associazione – la spesa farmaceutica diretta e ospedaliera ha superato quella cosiddetta convenzionata, ovvero che deriva dai farmaci erogati nelle farmacie di comunità». Si è trattato della prima volta che ciò accade in Italia: «Sul totale di oltre 18 miliardi, infatti, la quota della spesa diretta ospedaliera si è attestata a 9 miliardi e 770 milioni di euro, mentre quella convenzionata è risultata di 8 miliardi e 470 milioni. Se si guarda al 2014, la spesa convenzionata era stata di 8 miliardi e 598 milioni contro gli 8 miliardi e 123 milioni della ospedaliera». Secondo Sifo ciò dipende soprattutto dal boom dei nuovi farmaci innovativi ad alto costo, in primis quelli per curare l’epatite C, che sono distribuiti solo in ospedale e hanno avuto come effetto un consistente incremento della spesa ospedaliera. In parallelo prosegue il processo di riduzione dei costi di alcune tipologie di farmaci più datati (con il brevetto ormai scaduto e dunque diventati nel frattempo generici), che vengono erogati nelle farmacie di comunità. Trend, questo, che negli ultimi anni, progressivamente, ha fatto scendere la spesa convenzionata. Ma non ancora abbastanza da compensare l’aumento di quella ospedaliera».
In particolare, gli antivirali per curare l’epatite C sono costati nel 2015 un miliardo e 722 milioni di euro, ovvero il 7,8% della spesa del Servizio sanitario nazionale. Costi molto alti anche per i medicinali anti-tumorali (al primo posto con due miliardi e 372 milioni di euro), a quelli per l’Hiv, e altri innovativi per determinate patologie (sclerosi multipla, artrite reumatoide e diabete, patologia quest’ultima in fortissimo aumento). Ma la categoria di farmaci per la quale nel 2015 si è registrato l’aumento maggiore di spesa è quella degli immunomodulatori, utilizzati anche nella cura di patologie reumatiche, morbo di Chron, psoriasi grave (un miliardo e 803 milioni, +13% rispetto all’anno precedente). In crescita anche gli anticoagulanti (+10%), i farmaci per il dolore (+10%) e i vaccini (+9%).
Secondo la Sifo – che ricorda anche come esistano ancora grandi squilibri tra le regioni italiane – l’aumento della spesa «rischia di mettere a serio rischio la sostenibilità, l’equità e l’universalità del sistema. È pertanto necessaria e urgente una modifica legislativa dell’attuale meccanismo di definizione dei prezzi, che devono essere attribuiti ai nuovi farmaci in misura proporzionale ai vantaggi clinici che questo apporta rispetto alle terapie già disponibili e ai guadagni di salute». Inoltre, «i farmaci che presentano risultati simili devono essere acquistati dal Ssn al medesimo prezzo».
Alle informazioni fornite da Sifo ha replicato Federfarma, che ritiene ragionevoli le proposte dei farmacisti ospedalieri, ma sottolinea che esse «incidono soltanto su una parte del problema perché la spesa di ospedali e Asl non è alimentata soltanto da farmaci di ultima generazione e di alto costo, ma anche da prodotti autorizzati da più di un quinquennio o da farmaci equivalenti (cioè con brevetto scaduto, quindi vecchi più di dieci anni) con prezzi irrisori». Essi, secondo il sindacato dei titolari, «dovrebbero essere erogati dalle farmacie del territorio, come avviene in tutti gli altri Paesi, perché i pazienti hanno il diritto di trovarli facilmente e sotto casa, senza lunghi viaggi o snervanti attese».

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