Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia ha accolto parzialmente un ricorso presentato dal titolare di una farmacia di Catania contro l’azienda sanitaria (ASP) di Messina e il ministero della Salute, al fine di ottenere l’annullamento di una nota della stessa ASP del 12 gennaio 2016, con la quale il farmacista era stato diffidato dal vendere medicinali acquistati con il codice identificativo della farmacia a distributori all’ingrosso o ad altre farmacie, anche sulla base di indicazioni ministeriali. Per questa ragione, il titolare aveva anche chiesto di poter ottenere un risarcimento dei presunti danni subiti. I giudici hanno ricordato che il farmacista era «autorizzato ad effettuare distribuzione all’ingrosso di medicinali ad uso umano. A seguito di un controllo effettuato dai NAS presso la farmacia, è stato accertato un flusso di medicinali acquistati con il codice univoco della farmacia, documentato da fatture, diretto verso il deposito farmaceutico gestito dal medesimo professionista». Nel merito, poi, hanno spiegato che «il ricorrente prende le mosse dall’idea che la modifica normativa apportata all’art. 100 del D. Lgs. 219/2006 con il D. Lgs. 274/2007, eliminando l’incompatibilità fra distribuzione all’ingrosso e fornitura al pubblico, abbia reso possibile l’esercizio da parte dei farmacisti dell’attività di commercializzazione dei farmaci, non solo nei confronti degli utenti, ma anche nei confronti di altri farmacisti o di distributori all’ingrosso. Infatti, il comma 1 bis dell’art. 100 citato oggi recita che “I farmacisti e le società di farmacisti, titolari di farmacia ai sensi dell’articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, nonché le società che gestiscono farmacie comunali possono svolgere attività di distribuzione all’ingrosso dei medicinali, nel rispetto delle disposizioni del presente titolo. Parimenti le società che svolgono attività di distribuzione all’ingrosso di medicinali possono svolgere attività di vendita al pubblico di medicinali attraverso la gestione di farmacie comunali”. In base al nuovo impianto normativo, secondo il ricorrente, sarebbe illegittima la diffida emessa dall’ASP laddove ha imposto un vincolo di destinazione ai medicinali acquistati col codice della farmacia (come tali vendibili solo all’utenza), ed ha vietato la possibilità di commercializzarli secondo un percorso ascendente (ai grossisti) od orizzontale (ad altre farmacie)». La ASP ha replicato «invocando, attraverso il richiamo a specifiche disposizioni di legge, l’esigenza di garantire una mappatura, o tracciabilità, del movimento dei farmaci, a tutela di esigenze pubblicistiche di pronta reperibilità dei farmaci da parte dell’utenza. Tale esigenza è stata espressa anche nell’ordinanza cautelare n. 79/2016 emessa dal Tar Brescia in una controversia analoga».
Il tribunale siciliano ha ritenuto che «l’esigenza di natura pubblicistica evidenziata dall’Azienda resistente non risulta in concreto compromessa dalle modalità di esercizio dell’attività poste in essere dal ricorrente, dal momento che non può ritenersi automaticamente comprovato che la fornitura di un prodotto medicinale da una farmacia ad un grossista, o addirittura ad altra farmacia, incida negativamente sulla sua distribuzione capillare a favore del pubblico; anche perché il titolare della farmacia che opera come distributore rimane comunque sempre soggetto agli obblighi di garantire una dotazione minima e la relativa capacità di fornitura». I giudici amministrativi, in conclusione, hanno accolto il ricorso «nella parte in cui denuncia l’illegittimità della diffida dell’ASP di Messina». Al contrario, «la domanda di risarcimento danni deve essere respinta per mancanza, quanto meno, del requisito della colpa, atteso che l’Azienda resistente si è limitata ad adeguarsi al suggerimento proveniente dal ministero della Salute».

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