Tempo che passa, usanze che cambiano. Tra queste, anche i diversi modi con cui si comunica ai pazienti della farmacia, ovunque essi siano. C’è chi sceglie i canali web, c’è chi invece preferisce ancora i canali tradizionali. Stefano Lucidi, esperto dello Studio Associato Bacigalupo-Lucidi in Roma, risponde ad un quesito di un farmacista, relativo alla «possibilità di installare dei monitor TV in alcuni studi medici posso utilizzare questo canale, la cui gestione è affidata ad una società autorizzata ad elaborare palinsesti pubblicitari del settore», al fine di «pubblicizzare alcuni servizi che vengono svolti dalla mia farmacia». Secondo quanto evidenzia Lucidi, a tal proposito, «non c’è dubbio che si tratti di un’iniziativa che incappa – quasi inevitabilmente – nel divieto posto dall’art. 23, comma 3, del vigente Codice Deontologico della professione per il quale, come abbiamo già avuto occasione di ricordare, “il farmacista non può accettare né proporre l’esposizione di comunicazioni pubblicitarie relative alla propria farmacia (…) negli studi, ambulatori medici e veterinari, cliniche e strutture sanitarie e socio-assistenziali”».
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In aggiunta a ciò, l’esperto evidenzia che «la disposizione, del resto, è “l’altra faccia della medaglia” del divieto posto dal precedente comma 2 per il quale “il farmacista non può operare alcuna forma di pubblicità in favore di esercenti altre professioni sanitarie o di strutture sanitarie”». Ne consegue che, alla luce di quanto evidenziato, «lo studio medico non può fare pubblicità per la farmacia. Né viceversa.». A tal proposito, Lucidi sottolinea che «è un divieto – si badi bene – assoluto, perché prescinde dalla conformità o meno del contenuto del messaggio pubblicitario ai precetti deontologici stabiliti dal comma 4 dello stesso articolo», che recita testualmente «la pubblicità della farmacia, con qualunque mezzo diffusa, è consentita e libera nel rispetto dei principi di correttezza, veridicità e trasparenza e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria a tutela e nell’interesse dei cittadini. Essa deve essere funzionale all’oggetto e realizzata in modo consono alle esigenze di salvaguardia della salute di cui la farmacia è presidio».
Inoltre, conclude Lucidi, «ma soltanto per completezza d’argomento, perché è evidente che in questo caso non ricorre quella dissociazione tra titolarità/proprietà/gestione, tuttora abbastanza inscindibili tra loro, da un lato, e professione, dall’altro, che costituisce una delle novità più onerose per il sistema farmacia che reca la riforma operata dalla L. 124/2017, ricordiamo che secondo l’art. 23, comma 3, ultimo periodo del Codice, aggiornato a maggio 2018 proprio in recepimento delle nuove disposizioni, “qualora il direttore o il farmacista responsabile non riescano a far rispettare le disposizioni del presente articolo dalla proprietà della farmacia o dell’esercizio di vicinato hanno il dovere di segnalare l’inosservanza all’Ordine”».
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