“Se fossi nei panni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano cercherei di individuare come premier una personalità eccezionale, di altissimo profilo anche internazionale e gli affiderei il compito di fare un governo per le riforme. Penso ad un nome che da solo consentirebbe all’Italia di essere apprezzata dai mercati, ad un premier come il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi”.
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Sergio Dompè, classe 1955, milanese, erede dell’omonima azienda farmaceutica, per anni al vertice di Farmindustria e Assobiotec, ha le idee molto chiare su ciò che serve al Paese per non perdere il treno della ripresa economica. Secondo l’imprenditore, i mercati mondiali stanno continuando a salire mentre l’Italia, pur avendo un rapporto fra debito e Prodotto interno lordo inferiore a quello americano, sconta l’effetto-sfiducia provocato dall’impasse della politica. L’intervista di Dompè a La Notizia comincia proprio dalla candidatura di un premier di straordinario prestigio come il leader della Bce Draghi.
Domanda. Lei lancia l’ipotesi di un super premier capace di fare un governo delle riforme per l’economia, ma le elezioni le hanno vinte il Pd di Pierluigi Bersani e il movimento 5 stelle di Grillo. E Bersani ieri, dopo un complesso giro di consultazioni, è salito al Colle per riferire a Napolitano. Insomma, il segretario del Pd ce l’ha messa tutta. Perchè non è convinto dell’efficacia di un governo politico?
Risposta. “Bersani non ha propria-mente vinto le elezioni e comunque, malgrado gli sforzi, che non riuscisse a fare il governo era abbastanza chiaro a tutti, a cominciare dai mercati. Io ho molto rispetto della politica, ma ritengo che il Paese non abbia più tempo a disposizione per concedersi lo spazio di giochi o manovre fra partiti. Napolitano che è stato ed è un grande presidente conosce perfettamente la situazione. Ogni minuto perso in manovre di Palazzo viene scontato negativamente sui mercati e sul piano dell’economia reale. Le aziende italiane sono sane e riusciranno anche a superare le difficoltà, ma hanno fortemente bisogno di un governo che riesca a conquistare la fiducia nel resto del mondo. So bene che Mario Draghi, nominato presidente della Banca centrale europea nel novembre del 2011 non può e non vuole lasciare il suo importante incarico, ma e un premier con le sue caratteristiche di competenza e prestigio rigorosamente “super partes” che serve al nostro paese per risolvere il nodo politico”.
D. A voi imprenditori piace molto la figura del super tecnico, eppure dopo un anno di governo del professor Mario Monti non lo rimpiangete affatto, anzi. Che giudizio può dare lei di quanto fatto da Monti per l’Italia?
R. “Credo che Monti vada comunque ringraziato perchè si è assunto l’arduo compito di traghettare il paese nel momento più complicato della sua storia politica recente. I primissimi mesi del suo governo sono stati efficaci e se inizialmente il Professore veniva chiamato “Salvatore della patria” era a giusta ragione. Poi, lentamente, è prevalsa la sfiducia che nel finale del governo Monti è diventata vera e propria delusione. Non giudico le azioni personali, non sta a me valutare se il premier abbia fatto bene o male a “salire in politica”. Mi limito ad osservare, come imprenditore, che avrebbe potuto fare di più con il suo esecutivo per sbloccare i crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione, ma soprattutto per riportare al centro del dibattito il grande tema dell’occupazione”.
D. Ma a prescindere dall’impasse della politica, l’Italia dell’economia reale perde terreno in maniera progressiva rispetto ai nuovi mercati dell’Asia, della Cina e domani perfino dell’Africa. Come se lo spiega?
R. “Inutile negare che America ed Europa che, nei cinquant’anni passati, hanno beneficiato del fattore x sul piano della competitività del sistema industriale, oggi perdono terreno rispetto ai paesi come India e Cina dove i costi di produzione sono infinitamente più bassi. I mercati mondiali continuano a salire, stanno andando bene. Il problema riguarda la nostra area euro: ad oggi non esiste una politica sull’euro e scontiamo il fatto di aver accettato tassi di cambio troppo alti. Lo squilibrio e evidente a tutti: al di là del fattore politica, noi siamo uno stato povero con cittadini benestanti e non siamo perciò al riparo dal rischio di speculazioni finanziarie. Il rapporto fra debito e Pil nel nostro Paese è pari al 250 per cento mentre in America é ancora più alto, a quota 320, però da noi la politica non offre garanzie, non mostra efficienza e le aziende spesso devono fare da sole. Quelle che hanno saputo spingere sulla competitiva, a prescindere dalla dimensione, sono pronte a crescere. Le altre hanno poco futuro”.
D. Lei sostanzialmente sostiene che il tema principale non è l’andamento dello spread, ma lo stato di salute reale del sistema delle imprese che si sentono sempre più abbandonate dalla politica…
R. “Esattamente così. Ecco per-chè sostengo che il governo Monti avrebbe dovuto fare molto di più per le imprese rimettendo al centro del. dibattito l’occupazione e il fisco. Le aziende italiane sono oberate da carichi fiscali altissimi mentre avreb,- hero bisognò di “respiro” per poter varare politiche di crescita. E necessario che il nuovo governo, chiunque sia il premier, destini risorse necessarie alle politiche del lavoro superando la logica dell’emergenza. Altro capitolo riguarda il fisco. È essenziale defiscalizzare gli oneri delle aziende che assumono e decidersi finalmente a riformare il sistema tributario”.
D. La riforma del sistema tributario deve andare tuttavia di pari passo perchè sia finanziariamente sostenibile con il potenziamento della lotta all’evasione fiscale in chiave europea…
R. “Concordo pienamente. Ritengo anche che agire sulla leva fiscale sia decisivo non solo per far crescere il salario di chi ha già un lavoro ma anche per creare direttamente nuova occupazione. Fra le riforme da fare urgentemente c’è ancora la riduzione dei costi della politica. Si tratta di scelte importanti che devono essere fatte non per cedere alle sirene dell’antipolitica o alle forti spinte populiste, ma per rappresentare una idea alta della politica e della sua funzione sempre più importante nel governo delle società contemporanee alle prese con i problemi che derivano dalla globalizzazione”.
D. Il fattore tempo é comunque strategico. La Confindustria per bocca del presidente Giorgio Squinzi ha lanciato un allarme pesante nei giorni scorsi. Ha detto che se la politica non si sbriga a dare risposte per le aziende sarà il ” default”. Lei è d’accordo?
R. “D’accordissimo. Le ho già detto che il fattore tempo e cruciale, non abbiamo davanti a noi spazio e respiro per poter attendere che la politica cerchi i suoi accordi, faccia le sue alleanze. Il sistema economico ha molta fretta. Giorgio Squinzi ha ragione, la prospettiva, in assenza di un governo che governi e faccia le riforme, è molto complicata. E la fine non è lontana” .
La Notizia di venerdì 29 marzo 2013
di Setta Monica
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