scuole di specializzazione sanitariaIl presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, Andrea Mandelli, ha spiegato di aver accolto come «un fatto positivo» il dibattito che si è creato nei giorni scorsi in merito alle misure sulle scuole di specializzazione. Come riportato ai propri lettori da FarmaciaVirtuale.it, la stessa Fofi ha reagito duramente all’approvazione al senato del Dl Scuola-Ricerca, spiegando che esso «cancella l’equiparazione tra gli specializzandi di area non medica e quelli di area medica». «Di fronte alla tendenza a vedere, per così dire, soltanto il bicchiere mezzo pieno corre l’obbligo di ribadire alcuni elementi di criticità», ha aggiunto Mandelli.
«Intanto riteniamo – ha spiegato – che rappresenti un vulnus continuare a discriminare sul piano del trattamento economico, e non solo per una questione, peraltro fondamentale, di equità. Ma perché questo influisce fin dall’inizio sulla selezione degli specializzandi: trascorrere quattro anni impegnati nella didattica e nell’attività nelle strutture senza alcun emolumento significa d’acchito operare una selezione sulla base delle capacità economiche degli studenti e delle loro famiglie. Mi chiedo a questo punto dove vada a finire il merito». Ancora, il senatore si è concentrato sul nodo dell’armonizzazione tra i fabbisogni del servizio sanitario e il numero dei posti, sia nelle scuole «sia, a questo punto, negli stessi corsi di laurea. Per quanto riguarda la nostra professione, le stime che ci vengono dalla Commissione Europea, con la Joint Action Health Workforce Planning and Forecasting cui ovviamente partecipa il ministero della Salute, si stima che il sistema nel suo complesso possa assorbire complessivamente circa 1.500 professionisti ogni anno, tenendo presenti anche le necessità di turn-over sollevate, per esempio, dal vicepresidente della Crui, Giuseppe Novelli».
Ebbene, prosegue Mandelli, «se confrontiamo questo dato con il numero di neolaureati attuale di qui a venti anni abiliteremmo 50 mila disoccupati. Credo che la completa liberalizzazione degli accessi, anche alle Scuole di specializzazione, convenga soltanto agli atenei e credo altresì che garantire il diritto allo studio significhi cercare, nei limiti del possibile, di mettere le persone nelle condizioni di potersi formare e di poter ragionevolmente trovare alla fine del percorso un’occupazione adeguata. Altrimenti si aggiunge soltanto spreco allo spreco: di risorse umane, innanzitutto, ed economiche». Infine, in merito al finanziamento dei contratti di formazione per gli specializzandi non medici, secondo il presidente della Fofi «Probabilmente si potrebbero trovare risorse proprio calibrando il numero di scuole e specializzandi sui fabbisogni sanitari, evitando di investire per creare disoccupati ultra qualificati».

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