Il recente terremoto che ha colpito il Centro Italia ha confermato due cose sul nostro Paese. La prima è che sappiamo reagire sempre meglio alle emergenze, un mix di forza di risposta e senso di solidarietà non sempre presenti altrove. Ma la seconda cosa è che da noi le emergenze accadono perché non siamo capaci di prevenirle.
La difesa del territorio richiede una capacità di programmazione sistemica, e una forte serietà nell’applicare quanto scienza e progresso mettono a disposizione. Sull’utilizzo dei fondi per le ristrutturazioni antisismiche si può gabbare l’Unione Europea, non il terremoto.
Insegnamenti, questi, che vorremmo applicare anche alla ripresa dei lavori nel nostro settore. Sono tre i grandi temi che dovranno essere affrontati negli ultimi mesi di questo 2016: ddl Concorrenza, rinnovo della Convenzione, nuova Remunerazione.
Il ddl Concorrenza potrebbe essere uno dei primi testi ad approdare alla Camera dopo la pausa agostana. Il via libera delle Commissioni è stato netto, soprattutto sulla componente più dibattuta del provvedimento, quel limite del 20% su base regionale della proprietà di farmacie detenute da società di capitali.
Delle schermaglie che hanno accompagnato i lavori della commissione parlamentare e che alla ne hanno visto prevalere le originarie posizioni del Governo, vale qui la pena di ricordare due episodi controversi, entrambi avvenuti al di fuori degli ambiti istituzionali. Il primo sono le parole del direttore di AIFA Luca Pani fatta a Farmacistapiù lo scorso anno, il quale disse che il capitale entra nelle farmacie perché le farmacie stesse non hanno fatto abbastanza. Noi di Assofarm siamo stati gli unici a chiedere di approfondire l’affermazione, senza però ottenere risposta.
Il secondo fatto riguarda le critiche mezzo stampa arrivate da alcune delegazioni regionali di Federfarma ai loro vertici nazionali a proposito di una supposta inadeguatezza di impegno sul tema in questione. I dibattiti interni ad altre federazioni di norma non ci competono, ma in questo caso crediamo sia importante capire se il mondo delle farmacie, pubbliche o private che siano, debba essere più compatto e coordinato nel difendersi da una riforma che impoverirà la relazione farmacia-cittadino.
La impoverirà perché l’ansia liberalizzatrice del Governo è tutta tesa a rafforzare i bilanci societari di quei soggetti che sapranno essere commercialmente più forti, senza però che siano state definite tutele per il diritto di accesso al farmaco.
Come ad Accumoli c’è chi ha dichiarato ristrutturazioni antisismiche senza poi farle, per le farmacie italiane c’è chi annuncia rafforzamenti tramite le liberalizzazioni, che nei fatti però produrranno meno presenze, maggiormente concentrate nei centri urbani, massimamente votate alla redditività a scapito della qualità del servizio. I miglioramenti limitati alla sola carta, sono nodi che prima o poi arriveranno al pettine della realtà.
Anche il rinnovo della Convenzione rischia di soffrire di un de cit di prevenzione dai rischi del futuro.
L’estate era cominciata con i consueti proclami di imminente apertura delle trattative. Questa volta però seguiti però da alcuni fatti che ci fanno ben sperare.
La novità sta nel fatto che la Sisac abbia chiesto alle Regioni di valutare la rappresentatività delle associazioni di categoria delle farmacie (per legge ogni sigla deve avere almeno il 5% dei presidi nella propria compagine sindacale). Elemento che fa presagire che davvero ci si sta preparando per l’apertura di un tavolo di confronto.
Però, su quali basi negoziali? Di certo il recente Atto di Indirizzo del Comitato di Settore Regioni Sanità presenta più ombre che luci sullo sviluppo dei servizi in farmacia, e soprattutto sulla loro remunerazione.
Non si può più affermare che la farmacia è un elemento fondamentale e insostituibile del SSN, e poi cincischiare sulle uniche soluzioni oggi possibili per garantirle sostenibilità economica.
Ancora una volta la similitudine con la situazione geologico-politica del nostro paese sembra appropriata. Da un lato sappiamo di avere un territorio debole, dall’altro facciamo i furbi nell’aggirare gli impegni per farvi fronte. Di facciata tutti convengono che la farmacia necessita di un rilancio, dall’altro chi ha le chiavi della cassa sostiene che non sia il caso investire più di tanto.
La semplice presa di coscienza dei rischi non basta più, questo è il tempo di affrontare la realtà sostenendo costi e impegni necessari a dare un futuro il più sicuro possibile alla nostra presenza.
A noi non rimane che fare il nostro lavoro, produrre idee concrete e pressing quotidiano af nché le istituzioni producano riforme sicure e durature: avvieremo quindi quanto prima un gruppo di settore che vivisezioni l’atto di indirizzo e da esso de nisca controproposte da portare alle Regioni nel momento in cui inizieranno i lavori di rinnovo della Convenzione.
In ne, la tensione tra prevenzione ed emergenza si ripropone sul tema della Remunerazione. Nelle prossime settimane partiranno i lavori del nostro gruppo tecnico di esperti coordinati dalla professoressa Emidia Vagnoni dell’Università di Ferrara. L’obiettivo è quello di definire contenuti scientificamente solidi da portare al Tavolo di confronto col Governo, in modo che quest’ultimo non sia spinto ad un’ulteriore proroga dei termini o, peggio ancora, ad un’azione di imperio così come previsto dalla legge.
Con ogni probabilità la nostra proposta sarà basata sul modello tedesco, ma al di là dei contenuti ci preme chiarire come quest’anno il nostro intento sia quello di cambiare atteggiamento: basta con quel clima di allarme da ultimi giorni di dicembre, basta con quell’immagine di inconcludenza che rischiamo di dare anno dopo anno.
Abbiamo utilizzato la metafora del terremoto per descrivere i pericoli cui va incontro la farmacia italiana, ma forse sarebbe stato più corretto parlare di dissesto idrogeologico. Più che catastrofi ci eventi che avvengono in pochi attimi, il nostro mondo vive un lento sgretolamento.
Tutti sanno che le crepe di allargano, ogni nuova ricerca in ambito sanitario lo conferma, ma non tutti hanno sufficiente coscienza per sopportare il costo di sistemi più moderni ed ef caci.
Se per i terremoti si può andare a lezione da California e Giappone, anche per la farmacia non mancano esperti, studi di settore e casi nazionali di successo da cui si può imparare. Stiamo parlando di cose che tutti noi sappiamo, che tutti noi condividiamo. Ma che non tutti hanno la volontà di applicare.
Una cosa che deve essere chiara a chi ci legge. Assofarm non accetta più di far parte di un sistema che per pura irresponsabilità degrada la qualità della vita dei nostri concittadini.
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