Di recente, la forma societaria dell’Azienda farmaceutica municipalizzata Afam di Firenze, da semplice s.p.a., è stata modificata in “società benefit”. Creando così la prima rete di farmacie a proprietà pubblico-privata che formalizza il perseguimento di fini di utilità sociale. Secondo Francesco Schito, segretario generale Assofarm, si tratta di «qualcosa di epocale per le farmacie italiane, e abbiamo la sensazione che ben pochi se ne siano accorti». Il dirigente sottolinea, in un editoriale apparso sul notiziario dell’associazione delle farmacie comunali, come nello statuto della nuova società sia stato specificato che essa «intende perseguire finalità di beneficio comune e operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, territorio, ambiente e altri portatori di interesse». Il tutto sulla base di principi di «uguaglianza, imparzialità, continuità, partecipazione». «Alcuni farmacisti – osserva Schito – tanto privati quanto comunali, potrebbero commentare tutto ciò con un laconico “anche noi di fatto siamo benefit da anni”. Non che queste persone abbiano torto, anzi. Il ruolo di servizio sociale della farmacia è ampiamente riconosciuto dalla società italiana, più di quanto lo sia dallo Stato. Eppure, il valore dell’iniziativa fiorentina ci appare notevole proprio come segnale nei confronti delle istituzioni pubbliche nazionali e regionali. Se la farmacia italiana di oggi necessita di maggiore considerazione, allora evolvere da una situazione de facto ad una condizione de jure significa anche pretendere che altri riconoscano i contenuti della nostra evoluzione». Ciò non vuol dire che si debba trascurare la natura complessa del settore, «tra questa voluta mission sociale e la necessità di produrre fatturati e bilanci positivi». Il segretario di Assofarm cita poi «il passo del rinnovo della Convenzione che sembra essere pericolosamente rallentato» e «l’avanzata in ordine sparso da parte di alcune Regioni in tema di distribuzione diretta», osservando che «il nostro timore è che, al di là di tutto, si nasconda ancora una volta una debole considerazione per la farmacia territoriale. Ora, se mettiamo a confronto quest’ultima riflessione con l’iniziativa di Firenze, non può che emergere una conclusione: le farmacie non possono aspettare che la svolta cali dall’alto». «In questo momento – conclude Schito -non sappiamo che maggioranza politica governerà il paese nei prossimi anni, ma ricordiamo bene che i precedenti esecutivi hanno prodotto quella che poi è diventata l’attuale legge sulla Concorrenza, testo certo non amico dell’idea che le farmacie territoriali hanno del proprio futuro». In questo senso, «la formalizzazione del nostro essere società not-for-profit che operano nell’interesse di tutta la comunità è un passaggio che richiede volontà politica ma che è alla nostra portata. Se lo facessimo tutti, diventerebbe il tratto distintivo della farmacia territoriale indipendente nei confronti dei nuovi soggetti che con ogni probabilità si formeranno a seguito delle possibilità offerte dalla nuova legge sulla Concorrenza».
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