Il presidente delle Libere Parafarmacie Italiane, Ivan Giuseppe Ruggiero, è tornato a chiedere la liberalizzazione dei farmaci di fascia C. Il dirigente fa riferimento in un comunicato ad un’interrogazione parlamentare presentata dal gruppo M5S al ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che «inizia con una premessa assolutamente condivisibile, e cioè il fatto che la Costituzione italiana riconosce il diritto alla salute come fondamentale. L’interrogazione ricorda quindi la spesa annuale per questi medicinali, che grava su ogni famiglia italiana, pari a circa 3 miliardi di euro. Essa potrebbe essere contenuta in maniera significativa proprio attraverso un provvedimento di liberalizzazione che consenta la vendita anche nella parafarmacie, nelle quali vige l’obbligo di presenza di un farmacista». In questo senso, «occorre ridefinire organicamente la distribuzione e la vendita dei farmaci – prosegue Ruggiero – nell’ottica di stimolare la concorrenza e la conseguente riduzione dei prezzi di vendita, favorendo di fatto quanto sancito dalla nostra Costituzione. Gli interessi di pochi non possono bloccare le esigenze del nostro Paese. Abbiamo gli strumenti adatti per uscire dallo stallo, ma serve un atto di responsabilità forte, non solo verso i farmacisti titolari di parafarmacia, ma verso la nazione intera». In secondo luogo, il presidente delle LPI critica un emendamento presentato dalla deputata Silvia Fregolent, del Pd, nel quale «si parla di una graduatoria su base regionale per l’accesso alla titolarità delle farmacie, con criteri, che noi definiamo “paletti limitativi”, come pianta organica, distanze, punteggi, titoli, età, parentele, anzianità, contratto». Si tratta di un «provvedimento assolutamente inadeguato – aggiunge Ruggiero – che non aiuterebbe i colleghi a risolvere i loro problemi, perché gli stessi paletti prevedono l’esclusione di molti dalla graduatoria. La storia del “concorsone”, lanciato da una legge di qualche anno fa, ci ha insegnato che questi provvedimenti lasciano il tempo che trovano, anche perché portano sempre ad una marea di ricorsi».
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