«Sembra di essere tornati a prima della pandemia, quando eravamo additati come il ramo secco della sanità italiana, come una ricca corporazione ipertutelata». È il commento del presidente di Assofarm Luca Pieri dopo la lettura del lungo articolo di Milena Gabanelli sulla Farmacia dei servizi pubblicato ieri sul Corriere della Sera. L’opinione di Pieri giunge dopo la lettera di Federfarma che ha fornito una serie di puntualizzazioni.

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«Affermazioni lontane dalla realtà»

Pieri ha evidenziato che «colpisce il fatto che una grande firma con la fama di documentarsi attentamente scriva inesattezze così grossolane dai supposti compensi stratosferici per i farmaci antitumorali fino alla sostituzione di medici e altri professionisti sanitari. Sono affermazioni così lontane dalla realtà, una realtà peraltro facilmente rintracciabile nei testi ufficiali, che davvero lasciano poco spazio ad un confronto sui contenuti. Come del resto è imbarazzante l’allusione ad una supposta lobby dei farmacisti presenti alla Camera dei Deputati: chiunque abbia una conoscenza anche superficiale del Parlamento sa bene che appena quattro onorevoli non possono fare molto. Quanti sono i medici eletti? Quanti gli avvocati? Perché non vengono spese parole simili per categorie che hanno ben altri pesi specifici?».

Solo sinergia può risolvere problemi strutturali

Come evidenziato da Pieri «si rigetta la sorta di antitesi creata da Dataroom tra ospedali e case di comunità da un lato, e farmacie dall’altro. Secondo Assofarm, lo sviluppo dei servizi sanitari in farmacia è proprio un contributo importante a quella necessità di “rinforzare ospedali e case di comunità” auspicato dalla stessa giornalista. In un contesto caratterizzato dalla strutturale mancanza di medici e infermieri, solo la sinergia tra soggetti territoriali può risolvere le criticità della sanità italiana». Dunque «accanto ad una presa di distanza netta dalla prospettiva assunta da Milena Gabanelli, Assofarm si sforza di raccogliere qualche stimolo positivo da un testo giornalistico che in sé di positivo ha ben poco».

Il ruolo delle farmacie comunali

In particolare, come si legge nella nota di Assofarm, «anche le farmacie comunali italiane sono convinte che il futuro dei servizi in farmacia richieda più regole di quelle oggi presenti nei primi provvedimenti legislativi. In questo senso, ben prima dell’articolo del Corriere, Assofarm aveva pubblicamente auspicato l’avvio di un processo di vero e proprio accreditamento della Farmacia dei servizi presso il Ssn, immaginando standard di servizio più elevati, raggiungibili attraverso percorsi formativi ad hoc per i farmacisti. Al contempo andrebbero anche intraprese azioni formali che sostengano le piccole farmacie di periferia e le farmacie rurali, presidi che probabilmente non hanno e non avranno gli spazi e le risorse da dedicare ai servizi, così come prefigurati dalle norme attuali, ma che servono un’utenza che di quei servizi avrà certamente bisogno».

«Farmacia dei servizi storia lunga e complessa»

Per Pieri «la Farmacia dei servizi è una storia lunga e complessa. Tutti noi l’abbiamo vissuta compiendo certamente errori, ma nel complesso in essa si può leggere un percorso di crescita professionale ed etica del nostro settore. Che peraltro ha avuto una sorta di realizzazione ante litteram nei mesi tragici della crisi pandemica, durante la quale abbiamo dimostrato che eravamo pronti per i servizi ancor prima che essi ci venissero riconosciuti e, soprattutto, remunerati. Bollare oggi questa storia come una scorciatoia per risolvere i problemi della sanità italiana, così dice la giornalista del Corriere, è qualcosa di offensivo verso chi è impegnato tutti i giorni a realizzare sul campo la sanità pubblica italiana».

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