«4 italiani su 5 hanno esperienza diretta o indiretta con la disabilità. 1 intervistato su 5 ha un familiare portatore di disabilità. Eppure, c’è ancora disagio e impaccio – in circa il 50% dei casi – di fronte a chi vive questa condizione». È in sintesi quanto emerso da un’indagine condotta da Swg, voluta da Sanofi, presentata in vista della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità, il 3 dicembre di ogni anno. Nello studio viene evidenziato che «conoscere la disabilità da vicino, anche solo temporaneamente, ci rende più ricettivi e sensibili al tema (questo vale per 2 italiani su 3) ma esiste un netto sfalsamento tra quanto reputiamo svantaggiate – a livello educativo, formativo e professionale – le persone con disabilità rispetto a come invece, al contrario, si percepiscono loro effettivamente, ovvero integrate e con buone prospettive di inclusione sotto molti aspetti. Su una cosa però l’opinione è unanime: una risposta alle sfide della disabilità sta nell’avanzamento tecnologico e nell’innovazione».
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I dettagli del contest Make to care. L’indagine sulla percezione della disabilità è stata condotta da Swg su un campione di mille italiani e voluta da Sanofi nell’ambito del contest “Make to care”: da otto anni intercetta proposte non convenzionali e coraggiose, frutto dell’inventiva e dell’intraprendenza di studenti, designer e start up, dei pazienti stessi o dei loro caregiver o familiari, che si propongono di cambiare concretamente le prospettive quotidiane di chi vive la disabilità sulla propria pelle. Nel dettaglio, «la ricerca ha voluto approfondire l’approccio alla disabilità sotto più punti di vista – chi la vive sulla propria pelle, chi la sperimenta in quanto famigliare o caregiver e chi l’ha vissuta solo temporaneamente (ad esempio, come effetto collaterale del Covid) –, restituendo un quadro molto sfaccettato e complesso, che lascia spazio anche ad alcune discrepanze, talvolta paradossali». Rispetto alle opportunità di inclusione, ad esempio, i portatori di disabilità da un lato si considerano più spesso inclusi di quanto siano riconosciuti dal totale del campione, dall’altro, vedono più spesso la loro condizione in peggioramento rispetto a 10 anni fa. Certamente, emerge ancora una sorta di “inabilità sociale” verso la condizione di disabilità. Più di 1 italiano su 3 (quasi 1 su 2 quando si parla di disabilità psichica o cognitiva) ha dichiarato di non sapere come reagire e comportarsi di fronte a una persona con disabilità. Le emozioni quindi rappresentano ancora una barriera, piuttosto che una risorsa che alimenti attenzione e empatia verso una persona che vive con disabilità.
Aumento integrazione nella società delle persone con disabilità. Rispetto alle opportunità offerte dalla tecnologia, le innovazioni più utili, che secondo gli italiani influiscono maggiormente nell’aumento dell’integrazione nella società delle persone affetta da disabilità, sono gli strumenti che permettono di comunicare e udire a chi non può farlo (89%), quelli che consentono di muoversi in autonomia (88%) e le tecnologie che consentono di essere in contatto con amici e parenti (90%). Le tecnologie sono percepite quindi da tutti gli intervistati sì come fondamentali ma, anche qui, l’impatto è ritenuto più marginale rispetto alle disabilità psichiche e cognitive: il 50% dell’intero campione rimane concorde però sul fatto che è proprio sugli strumenti tecnici e tecnologici che dovrebbero concentrarsi le priorità della politica e gli incentivi a disposizione.
Comprendere più a fondo sfide e necessità. Marcello Cattani, presidente e amministratore delegato di Sanofi Italia e Malta, ha sottolineato che «Make to care porta avanti, da anni, una ricerca sull’open-innovation in ambito healthcare che nasce e si sviluppa anche fuori da ospedali, centri di ricerca, università ed è guidata da nuovi soggetti. Siamo entrati in contatto con decine e decine di pazienti-innovatori che ci hanno condotto in una riflessione importante sull’universo della disabilità in tutte le sue sfumature e derivazioni: impatto sociale, dinamiche di inclusione, politiche sanitarie». Secondo Cattani «con questa indagine abbiamo voluto portare un ulteriore contributo e comprendere più a fondo sfide e necessità. Come azienda che ha fatto della lotta alle malattie rare, alla sclerosi multipla e a tante patologie croniche con ricadute invalidanti la propria missione, vedo con soddisfazione una conferma di quanto tecnologia e innovazione siano percepite come fattori abilitanti verso soluzioni che possono supportare concretamente le persone con disabilità».
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