La FNOMCeO è vittima di un «cortocircuito». È arrivata immediata e particolarmente dura la replica della Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopati (FIAMO) ad un articolo pubblicato su un sito dell’Ordine dei Medici , nel quale è stato affermato che «allo stato attuale non ci sono prove scientifiche né plausibilità biologica che dimostrino la fondatezza delle teorie omeopatiche secondo i canoni classici della ricerca scientifica. Infatti, diversi studi condotti con una metodologia rigorosa hanno evidenziato che nessuna patologia ottiene miglioramenti o guarigioni grazie ai rimedi omeopatici. Nella migliore delle ipotesi gli effetti sono simili a quelli che si ottengono con un placebo».
La FIAMO ha manifestato «dissenso assoluto» rispetto a tale posizione, spiegando che «la pagina sull’omeopatia del sito in questione è stata redatta da sedicenti esperti che in realtà non hanno alcuna esperienza in medicine complementari, come si evince dalla bibliografia di riferimento». Inoltre, la federazione afferma che «non è affatto vero che non esistono prove scientifiche di efficacia a sostegno dell’omeopatia: gli studi rintracciabili sulla banca dati medica PubMed che ne dimostrano la maggior efficacia rispetto al placebo sono pubblicati in numero significativo, anche su riviste scientifiche a medio e alto impatto, tanto che anche la prestigiosa Cochrane Collaboration ha un sito specifico dedicato a tali discipline». Nella risposta, poi, si sottolinea come «l’attacco arrivi proprio nei giorni in cui viene pubblicato online un database che raccoglie più di 1.000 studi scientifici sull’efficacia dell’omeopatia, pubblicati su riviste nazionali e internazionali, presentato al presidente Filippo Anelli e all’esecutivo della FNOMCeO in occasione di un incontro che si è tenuto a Roma il 3 maggio scorso». Viene quindi citata la Svizzera, nella quale si è deciso di introdurre la rimborsabilità delle medicine non convenzionali/complementari, e si lancia pertanto un appello allo stesso Anelli, «affinché nel rispetto dei principi costituzionali sulla libertà di cura chiarisca i contenuti di queste affermazioni che creano un “cortocircuito” rispetto a quanto deliberato nel 2002 dal Consiglio nazionale». All’epoca, infatti, l’esercizio dell’omeopatia fu classificato come “atto medico”.
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