L’appello di Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, affidato ad un editoriale di inizio anno, evidentemente non è passato inosservato. A distanza di pochi giorni i dirigenti delle principali sigle sindacali intersettoriali hanno tracciato il primo bilancio di un incontro svolto presso la sede di Assofarm. Quattro le sigle partecipanti, tra cui l’associazione in rappresentanza delle farmacie comunali, Federfarma, Federfarma Servizi e Adf, queste ultime in rappresentanza dei distributori farmaceutici. Nel corso dell’incontro è stato dato risalto «alla causa principale del progressivo depauperamento della farmacia italiana», ovvero che «la remunerazione della filiera è legata al prezzo medio del farmaco Ssn che negli anni è diminuito vertiginosamente, soprattutto per la crescente diffusione della distribuzione diretta da parte delle ASL dei farmaci più costosi».
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Ciò alla luce dell’andamento della distribuzione diretta, passata da 5,8 miliardi di euro nel 2013 a 9,3 miliardi di euro nel 2017. Modello che, come noto, attinge dai volumi in carico alle farmacie territoriali pubbliche e private, spostando fatturato verso i centri di distribuzione diretta. «Di fronte a questi dati così netti – spiegano i partecipanti -, il tavolo ritiene che una riforma della remunerazione sia imprescindibile e debba, tra gli altri aspetti, anche sviluppare processi che riportino nella farmacia territoriale tutti i farmaci, ad esclusione di quelli che per motivi sanitari devono essere distribuiti nei presidi pubblici», ciò anche in considerazione dei «benefici logistici e terapeutici» che potranno avere i cittadini e, al tempo stesso, di un’auspicata sostenibilità «sia per la filiera che per la sanità pubblica».
Le associazioni presenti all’incontro hanno cercato di rispondere all’incognita relativa alla mancanza di accordi tra gli attori della filiera del farmaco che ha conferito ai ministeri della Salute e dell’Economia, in intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni, l’onere di definire autonomamente i nuovi parametri della Remunerazione del farmacista, sulla base dell’articolo 15, comma 2, della legge 135/2012. A tal proposito le sigle ritengono che «la dimensione sistemica del tema spinge la filiera a richiedere un proprio coinvolgimento nel futuro tavolo per la Governance istituito dal Governo: sarebbe questo infatti il contesto ideale per gestire le interrelazioni tra farmacia e gli altri protagonisti della sanità italiana».
Coinvolgimento che, sulla base di quanto auspicato dai partecipanti, vedrebbe partecipe anche la Fofi, questa volta assente, ma che dal canto suo sottolinea la necessità di «cercare soluzioni condivise da presentare al decisore politico e sanitario», alla stessa maniera di come è accaduto per le «riforme della Tariffa e della Farmacopea». In questo senso Andrea Mandelli, presidente della Federazione, sottolinea che «la remunerazione delle farmacie di comunità dovrà basarsi anche sulle prestazioni e sui servizi cognitivi resi dal professionista».
Venanzio Gizzi, presidente di Assofarm, evidenzia che «era necessario dare un segnale di dinamicità al Governo, ed era importante definire una visione strategica comune a tutti i soggetti della filiera». Mentre, Marco Cossolo, presidente di Federfarma, esprime la convinzione che «è necessario e urgente rivedere la remunerazione della farmacia, sganciandola dal prezzo del farmaco e valorizzando l’intervento professionale del farmacista che consente al SSN di migliorare l’assistenza e ridurre i costi evitabili, come quelli dovuti ai ricoveri conseguenti alla non aderenza alla terapia». Dello stesso avviso Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi, il quale rinnova la disponibilità verso la parte pubblica, al fine di «garantire come distribuzione farmaceutica il miglior livello di servizio alla collettività, cui va però riconosciuto il giusto valore sociale e l’adeguata sostenibilità economica». Mauro Giombini, presidente Adf, conclude ritenendo che «è un momento cruciale per la tenuta del sistema distributivo a garanzia dell’efficienza della dispensazione del farmaco, ad evitare collassi come purtroppo verificatosi recentemente, mutatis mutandis, nelle infrastrutture viarie del Paese per la mancata valutazione dei rischi di deterioramento».
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