«Questa volta la riforma della remunerazione del farmacista compie davvero un passo concreto in avanti. Era dall’ormai lontano 2013 che non accadeva più nulla di così sostanziale. Da quando cioè all’accordo tra stakeholder di settore e Aifa seguirono rilievi di sostenibilità economica da parte dei Ministeri della Salute e delle Finanze». Apre così l’editoriale di Francesco Schito, segretario Assofarm, pubblicato sul portale Assofarm. Come si legge nel post «la bozza di Legge di Bilancio bollinata e consegnata al Parlamento per il suo iter, parla chiaro». Secondo Schito «a fonte della perdita della remunerazione aggiuntiva – per intenderci, i famosi 150 milioni di euro riconosciuti alle farmacie soprattutto per il loro impegno durante la Pandemia –, si segnala un possibile ampliamento dei farmaci di fascia A dispensati attraverso le farmacie, l’eliminazione di diversi sconti a nostro carico, fino a un più serrato aggiornamento del Pht. Siamo insomma di fronte a una netta volontà politica di riequilibrare il sistema distributivo italiano del farmaco in modo da garantire maggiore sostenibilità alla farmacia territoriale».

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Sistema misto a quote fisse e variabili. Per Schito «l’elemento centrale di questo disegno è certamente la remunerazione delle farmacie, che dal 1° marzo prossimo sarà costituita da un sistema misto a quote variabili e fisse, e quindi impostato secondo una logica non più e non solo prodotto-centrica». Come sottolineato dal segretario, «non siamo di fronte a quanto proponiamo ormai da tanti anni. Pur plaudendo quanto sta facendo oggi il Governo, rimaniamo convinti che si debba arrivare a un completo svincolo della remunerazione del farmacista dal prezzo del farmaco dispensato. Dovremo certamente analizzare nel dettaglio le ricadute economiche generate dalle diverse quote presenti nella norma. Come del resto è probabile che, dagli osservatori più acuti del nostro settore, arriveranno presto osservazioni sulle criticità più o meno latenti della riforma».

Coinvolgimento per un sistema distributivo più territorializzato. Schito prosegue sottolineando che «la complessità del sistema su cui si sta intervenendo è tale che ogni singolo cambiamento comporta il rischio di generare squilibri altrove. Potrebbero insomma presentarsi debolezze per così dire tecniche. Però, ben più insidiosa è a nostro avviso la dimensione istituzionale, direttamente conseguente ai contenuti del Titolo V della Costituzione. Vale la pena di ricordare che la riforma odierna ha origine dall’indagine conoscitiva parlamentare promossa dall’On. Marcello Gemmato (cui vanno anche grandi meriti per quanto sta accadendo oggi) sul finire della scorsa legislatura. Indagine che aveva il compito di confrontare approfonditamente i costi della Dpc e della Distribuzione diretta. In quell’occasione fu chiaro che se si fosse voluto venire incontro ai bisogni quotidiani del cittadino, le farmacie avrebbero dovuto essere maggiormente coinvolte in un sistema distributivo più territorializzato.

«Qualcosa di importante è iniziato». Schito ha sottolineato che «i contenuti della legge oggi in bozza devono quindi essere letti come una tentata mitigazione degli effetti distorsivi della Legge 405/2001, per la quale da tempo e da più parti si avverte la necessità di un “tagliando”. È però a questo punto che il progetto riformatore dovrà confrontarsi con le prerogative che la Carta garantisce alle Regioni. Regioni che in passato sono state spesso restie a rivedere i rapporti diretta-dpc, ma che in tempi più recenti hanno lanciato segnali positivi al riguardo. L’incognita istituzionale convive dunque con un clima politico non privo di elementi ottimistici. Insomma, non tutto è fatto e risolto. Ma certamente qualcosa di importante è iniziato. Ed è iniziato con una doppia prospettiva di redditività per la farmacia: il meccanismo remunerativo e l’ampliamento dei farmaci distribuiti per conto del Ssn».

«Inizio di una nuova epoca». Infine, Schito ha ricordato che «Assofarm ha giocato un ruolo primario. Di “nuova remunerazione” ne parlammo noi per la prima volta nel 2006 in un ormai storico convegno alla sala Capranichetta, cui seguirono anni di riflessioni e studi, tutti rigorosamente inascoltati fino a quando il settore non ha più potuto rimandare la necessità di una riforma dei propri rapporti con il Ssn. Ricordiamo questi fatti non solo per cercare riconoscimenti, crediamo meritati, quanto piuttosto per aver chiaro il fatto che i processi di riforma richiedono tempi lunghi. Tempi nei quali devono maturare nuovi punti di vista, nuove culture politiche e confronti tra le parti. Quanto sta accadendo oggi potrebbe segnare l’inizio di una nuova epoca nel nostro settore, il cui compimento richiederà ancora tempo, perseveranza e coraggio da parte di tutti».

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