Nell’ottobre 2019 l’Aifa ha istituito la Nota 96 con la finalità di regolamentare la prescrivibilità della vitamina nella popolazione adulta in forma di colecalciferolo, colecalciferolo/sali di calcio, calcifediolo. Il provvedimento, volto a scongiurare prescrizioni ingiustificate e a contenere le spese a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn), identifica le categorie di pazienti che hanno diritto alla rimborsabilità della terapia sulla base dei livelli ematici di 25-OH-vitamina D (25-OH-D). La prescrivibilità della vitamina D a carico del Ssn è assicurata in presenza di livelli di 25-OH-D inferiori a 50 nmol/L o, come si trova più frequentemente, 20 ng/mL.
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Il documento delle società scientifiche
Società italiana di biochimica clinica e biologia molecolare clinica (Sibioc), Società italiana dell’osteoporosi, del metabolismo minerale e delle malattie dello scheletro (Siommms), European ligand assay association (Elas) e Associazione medici endocrinologi (Ame) hanno pubblicato un documento congiunto in cui vengono sollevate alcune criticità in merito alla Nota 96.
Le puntualizzazioni alla Nota 96
Dal punto di vista analitico, secondo le sigle la Nota 96 non considera i problemi di affidabilità e riproducibilità dei diversi metodi di determinazione della 25-OH-D né l’assenza di standardizzazione della misura di 25-OH-D. La refertazione della vitamina D presenta inoltre problematiche dovute al fatto che il Sistema internazionale prevede come unità di misura nmol/L, ma l’unità di misura più utilizzata, inserita anche nella Nota 96, è ng/mL, aspetto che può causare fraintendimenti nella lettura degli esami di laboratorio. La Nota 96 riporta come soglia di sufficienza il valore di 50 nmol/L secondo quanto indicato dall’Institute of medicine (Iom) statunitense, limiti che non hanno però trovato consenso unanime all’interno della comunità scientifica. Dal lato clinico, le sigle evidenziano che la Nota 96 non prende in considerazione la deficienza endemica di vitamina D, che necessiterebbe di un approccio preventivo. Nella Nota vengono riportate le condizioni cliniche per cui è consentita o consigliata la determinazione della vitamina D, ma l’aspecificità della condizione di ipovitaminosi lascia ampia discrezionalità al medico prescrittore.
I benefici legati all’introduzione
Le società scientifiche spiegano che l’introduzione della Nota 96 è stata utile per contrastare il ricorso immotivato alla supplementazione di vitamina D, sottolineando come lo screening non debba essere proposto in maniera indiscriminata a tutta la popolazione, considerato anche il fatto che la prevenzione del rischio autoimmunitario, cardiovascolare, neoplastico non sia oggetto di pratica clinica corrente. Il documento congiunto fornisce infine raccomandazioni che riguardano la refertazione. Nel dettaglio, questa dovrebbe riguardare il metodo analitico impiegato per la determinazione della vitamina D, l’armonizzazione delle unità di misura, la considerazione dei valori di insufficienza al di sotto di 75 nmol/L (30 ng/mL) e non solo di carenza sotto 50 nmol/L (20 ng/mL).
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