
I risultati dello studio clinico di Fase 3 Majestec-3, presentati in occasione del congresso dell’American society of hematology e pubblicati sul New England Journal of Medicine, hanno segnalato un avanzamento nel trattamento del mieloma multiplo recidivato o refrattario. La ricerca ha valutato l’impiego della combinazione di teclistamab e daratumumab in formulazione sottocutanea rispetto a regimi terapeutici standard costituiti da daratumumab, desametasone e pomalidomide o bortezomib, in pazienti precedentemente trattati con una fino a tre linee di terapia. L’analisi dei dati, a un follow-up mediano di circa tre anni, ha mostrato un vantaggio statisticamente significativo a favore del braccio sperimentale in termini di sopravvivenza libera da progressione e di sopravvivenza globale. Il rischio di progressione della malattia o di morte è risultato ridotto dell’83 percento. Oltre il 90 percento dei pazienti che erano liberi da progressione a sei mesi ha mantenuto tale condizione per tre anni.
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Profilo di efficacia e sicurezza che punta a ridefinire la pratica clinica
Gli esiti dello studio hanno mostrato miglioramenti in tutti gli endpoint secondari chiave prespecificati. I tassi di risposta globale e di risposta completa o migliore sono stati significativamente superiori nel gruppo trattato con la combinazione sperimentale. Anche i risultati relativi alla malattia minima residua hanno evidenziato un netto vantaggio. Per quanto concerne il profilo di sicurezza, la combinazione di teclistamab e daratumumab sottocute ha presentato un’incidenza di eventi avversi emergenti dal trattamento di grado elevato simile a quella osservata con le terapie di confronto. Gli eventi più comuni sono stati citopenie e infezioni, mentre la sindrome da rilascio di citochine, quando presente, è risultata di basso grado e gestibile.
Iter regolatorio accelerato e prospettive future per i pazienti
Sulla base dei risultati, Johnson & Johnson ha avviato le procedure per l’Autorizzazione all’immissione in commercio (Aic) della combinazione. Una domanda è stata sottomessa alla Food and drug administration statunitense, attualmente in fase di valutazione attraverso il programma Real-time oncology review. L’agenzia regolatoria ha conferito alla combinazione la designazione di breakthrough therapy, riconoscimento volto ad accelerare lo sviluppo e la revisione di farmaci per patologie gravi. Un’analoga richiesta è stata presentata all’autorità sanitaria brasiliana, l’Anvisa.
Possibile ampliamento delle opzioni terapeutiche
Ester in ‘t Groen, Emea Therapeutic Area Head Haematologydi Johnson & Johnson Innovative Medicine, ha spiegato che «i regimi a base di daratumumab rivestono un ruolo chiave nel trattamento del mieloma multiplo. Lo studio Majestec-3 si basa proprio su quel patrimonio, valutando l’impatto che può avere la combinazione dell’anticorpo bispecifico teclistamab con daratumumab già a partire da linee precoci. I risultati senza precedenti che stiamo osservando nel trattamento del mieloma multiplo riflettono il nostro impegno nella lotta contro il cancro. In questo contesto, i dati sull’efficacia di questa nuova combinazione a base di teclistamab e daratumumab potrebbe ampliare le opzioni terapeutiche efficaci a disposizione per i pazienti con mieloma multiplo recidivatorefrattario già dalla seconda linea di trattamento, dove il bisogno clinico di risultati duraturi rimane elevato».
Sopravvivenza superiore rispetto alle combinazioni standard
Sen Zhuang, M.D., Vice President e Oncology Clinical Research di Johnson & Johnson Innovative Medicine, ha sottolineato che «questi dati rafforzano l’idea che stiamo entrando in una nuova era nel trattamento del mieloma multiplo con la prima combinazione immunoterapica in grado di offrire una sopravvivenza globale superiore rispetto alle combinazioni standard già dalla seconda linea di trattamento. Con la combinazione di teclistamab e daratumumab sottocute abbiamo il potenziale di ridefinire il nuovo standard di cura per questa malattia. In tal senso, continuiamo a esplorare altri regimi terapeutici a base di anticorpi bispecifici con l’idea che possano ridefinire il futuro dei pazienti».
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